Eccoci qui a rilevare l’ennesima beffa. Ottobre 2018. Mi reco alla Asl di appartenenza per il rinnovo annuale relativo alla fornitura di pannoloni. Già dover fare il rinnovo annuale è di per sé una beffa. Infatti, dopo 20 anni di certificazioni che stabiliscono che la patologia di mia figlia è irreversibile, non si capisce cosa esattamente si debba verificare. Sono carte. Occupazioni inutili, inefficaci, che servono a pagare le aberrazioni che si producono. Tant’è che verso la fine dello scorso anno inizia un tam-tam di lamentele, che parla di cambio di ditta e assoluta inadeguatezza dei pannoloni forniti.

Il tema è delicato e scomodo. Si parla di pannoloni e a nessuno piace. Peccato però che le famiglie interessate, le strutture, gli ospedali e tutti coloro che questi pannoloni li usano direttamente o indirettamente siano in una situazione di imbarazzo. Proviamo a capire cosa cambia per un disabile indossare un pannolone che non tiene. Giusto un paio di esempi banali che magari qualcuno non ha immaginato.

1. Primo esempio, il più banale: quella mamma di 65 anni che da 35 anni accudisce senza sosta il proprio figlio, sì, proprio lei. Quella signora che sorride sempre, molto combattiva ma che in giro si vede poco. Beh, lei ormai è esperta in detersione, accadimento, epidermide da preservare. Prova il pannolone e suo figlio poco dopo è bagnato, insieme agli indumenti e alla fodera del cuscino della carrozzina. Lei deve ricominciare daccapo una cosa che – vi assicuro – è faticosa, e soprattutto impone a quella mamma di uscire dalla sua routine, l’unica che riesce a gestire nonostante malanni, solitudine e stanchezza. Eh già, ma che ne sa di questo la commissione che ha tolto due centimetri di assorbenza, un po’ di cotone e qualche caratteristica in più. Soldi in più per la ditta, che fa risparmiare lo Stato. Bella barzelletta. A fine anno chiediamo ai Cad (Centri di Assistenza Domiciliare) quante piaghe da decubito in più hanno curato. Sempre dando per scontato che tutti i disabili hanno chi si preoccupi del loro accadimento. Purtroppo non sempre è così.

2. Ma un altro banale esempio. Un disabile a lavoro si bagna o si sporca e lui, il maledetto pannolone del risparmio, non tiene. Mentre il figliolo della signora era a casa con sua madre, qui la persona è fuori e da sola. Sta svolgendo le tanto chiacchierate e descritte “ordinarie attività quotidiane”. E voi? Cosa fate voi, signori della commissione del pannolone? Aggiudicate al ribasso nonostante la qualità sia scarsa e lo sapete. E la ditta? La ditta è felice, ha vinto la gara. E allora la gente si arrabbia e i pannoloni qualcuno ve li tira appresso, qualcuno si organizza e vi scrive e si affaccia pure qualche avvocato durante l’ennesimo teatrino dell’Italia inclusiva ed escludente e discriminante.

La coda interminabile presso gli uffici rasenta il tragicomico se il tutto non fosse davvero tristemente reale. Nel mio caso giungo presso gli uffici, variati a seguito del marasma, dove trovo due signorine giovani e delicatissime che davvero sono inermi dinanzi a ciò che vivono. Un lettino adattato a espositore e lì si assiste all’ultimo atto: aperti in bella vista pannoloni di vario genere. Tutti quelli previsti in gara. Mi offrono di avvicinarmi con grande senso di solidarietà. Mi offrono di scegliere il più adatto. Il meno peggio, le correggo io, prendendo tra le mani lo scempio dell’ultima beffa seleziono e chiedo una taglia in più, con troppa plastica che dovrò tagliere pezzo per pezzo, ma più assorbenza – comunque scarsa e mal distribuita. Fuori gli utenti (così chiamano noi beffati) cercano di sdrammatizzare e si scherza anche sulla fine triste e beffarda. Una suora racconta dei loro anziani bagnati e da dover accudire almeno due volte in più, con sovraccarico di giro per gli addetti.

Esco da lì, ma non è finita. Vanno trasmessi nominativi e fogli di carta che non sempre arrivano a giusta destinazione e allora chiamo il numero verde: e lì alcuni addetti, scocciati ma schietti e protetti dal cavo telefonico, rispondono malamente all’ennesima telefonata dell’ennesima signora che si lamenta.

Arrivano i pacchi, li osservo e dopo aver ripercorso tutti i miei perché e tutte quelle silenziose domande, mi siedo e scrivo. Per trovare un confronto, per recuperare le energie e per decidere dove rispedire i pannoloni. A chi dare il premio dell’indecenza? Almeno queste commissioni si assumessero le responsabilità delle loro vergognose azioni. Perché una cosa è certa: loro dovranno vergognarsi ogni minuto molto di più del disabile che per causa loro si bagnerà. Il mondo non saprà chi sono mentre vedrà il disabile a disagio. Ma io auguro loro di vedersi per ciò che sono. E poi di non dimenticarlo mai.

Ora vado, devo cambiare un altro pannolone e mettere in conto che questo mese dai 280 euro di pensione di invalidità (cioè elemosina per disabili) dovrò scalare almeno 60 euro, perché i pannoloni non basteranno – dovendone cambiare di più – e dovrò certamente curare qualche rossore affinché non diventi piaga. Grazie, signori della commissione, e grazie a voi tutti che avete collaborato per questo risultato. Sapere che ci siete voi rende utile ogni nostro piccolo sforzo per combattervi. Firmato: mamma Fabiana e tante famiglie arrabbiate che mi chiedono di parlare di questo tema.

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