Care donne,

avete letto della ragazza picchiata e stuprata in ascensore a San Giorgio a Cremano? Almeno quei tre mostri sono stati presi subito, ma chissà se pagheranno. Magari finisce come quello che ha ucciso la compagna in preda a “una soverchiante tempesta emotiva”, cui hanno dimezzato la pena da 30 a 16 anni. Una donna uccisa, strozzata a mani nude, vale appena 16 anni di carcere – che, di sicuro, non verranno scontati fino in fondo – e, se va bene, qualche migliaia di euro di risarcimento ai figli.

Pensare che un anno fa eravamo nel pieno dello scandalo internazionale #MeToo: tutti a celebrare il Velo di Maya del bel mondo cinematografico che finalmente veniva squarciato, rivelando soprusi, violenze e ricatti per fare carriera. “Una rivoluzione” anche da noi, si sperava. Invece, prima la paladina delle vittime Asia Argento è finita lei sul banco degli imputati per molestie a un minorenne, poi l’archiviazione (con conseguente riabilitazione) del regista Fausto Brizzi: dopo 6 mesi la violenza sessuale non è più perseguibile e le denunce tardive sono finite in Modalità aereo, come il suo film. Già, care donne, la giustizia ha i suoi tempi e magari ci impiega anni a riconoscervi il torto subito, ma voi no, tempo non ne avete: o reagite subito – riacquistate forza, coraggio, vincete l’umiliazione e affrontate i rischi e le conseguenze di puntare il dito (se contro un vip ancora peggio) entro 6 mesi – o niente.

D’altronde, come si fa a pretendere rispetto nel paese in cui le donne, pur essendo magari più brave e preparate, lavorano meno degli uomini? A gennaio, per dire, ci sono stati più occupati rispetto a dicembre, ma – scrive l’Istat – “la crescita coinvolge esclusivamente gli uomini (+27 mila) mentre risultano in lieve calo le donne (-6 mila)”. E se riceviamo il dono di lavorare, mica possiamo aspirare ai loro stessi salari a parità di qualifica: questo no! Proprio in questi giorni si è scoperto che una sola azienda in Italia paga uomini e donne allo stesso modo, al punto da ricevere il premio “Equal Salary”: è la Philip Morris di Bologna, guarda caso una multinazionale. Sul lavoro ci considerano meno e noi vorremmo di più in famiglia? Ma non scherziamo!

Eh ma il clima sta cambiando: in peggio, ma sta cambiando. In tv ci invitano a fare la calza invece di parlare di calcio (o di parlare, punto), la politica ad “aprire le gambe” – ma dietro giusto compenso – se ci viene la balzana idea di dire “Aprite i porti”. E fortuna vuole che anche le nuove generazioni vengano educate al sano maschilismo italico: la mamma “stira e cucina” – si impara sui libri scolastici 5.0 – il papà “legge e lavora”. A conferma che l’intelletto non può fare per noi e occuparsi della casa non è da considerarsi un lavoro.

Care donne, oggi è l’8 marzo ma non abbiamo davvero niente da festeggiare. Però approfittatene lo stesso: uscite, divertitevi e… bevete un po’. Almeno vi servirà per dimenticare.

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