di Luisa Cozzi *

Si sente parlare e si assiste sempre di più al cosiddetto fenomeno degli haters, ossia coloro che (con profili reali, falsi o robotici) diffondono sentimenti di odio, utilizzando un linguaggio spesso cruento, scurrile e/o minatorio, sessista, razzista nei confronti di persone e istituzioni, principalmente attraverso la rete, le fake news e i social network.

Per moltissime persone questi fenomeni sono stranianti e lasciano attoniti, quasi indifesi, di fronte a tanto odio verbale, che spesso fa più male di un pugno sferzato in mezzo al volto. È come se la rete si fosse trasformata non in una agorà civile, democratica e di libero scambio d’opinioni ma in una vera e propria arena che alterna spettacoli interessanti a veri e propri scontri all’ultimo sangue tra cyber-gladiatori. Ci sono forse degli interessi o disagi dietro a tutto queste parole ostili urlate attraverso la tastiera?

Lasciando a sociologi e psichiatri l’analisi delle società post industriali che viviamo e le risposte ai perché e ai per come, cerchiamo di capire cosa stanno facendo gli organismi nazionali e sovranazionali di concerto con le mayor come Facebook, Google, YouTube e se ci sia o meno un confine tra hate speech e legittima espressione della propria opinione nei social network. I quali di fatto, lo ricordiamo, hanno creato un flusso di informazione costante non verificato che svolge un ruolo contraddittorio. Resta, ad esempio, il problema delle fake news e dell’odio che possono alimentare, anche quando non vengano accompagnate da commenti razzisti.

Anche Facebook, dopo i tracolli dovuti alla leggerezza da “nerd” – inconcepibile per un’azienda che ha ricavi annuali attorno ai 22 miliardi di dollari – sta correndo ai ripari e, attraverso algoritmi sempre più sofisticati, rintraccia e “banna” moltissime espressioni e contenuti se non addirittura profili stessi: a proposito di questi ultimi, risale al maggio 2018 l’intervento della company che ha cancellato quasi 600 milioni di profili falsi e più di 800 milioni di contenuti sconvenienti e pornografici (per ulteriori dati vedasi qui).

Come si può fare per arginare il fenomeno?
1. aumentare la cultura generale, soprattutto quella digitale;
2. elevare l’asticella delle conversazioni (le netiquette servono per delineare i limiti delle conversazioni all’interno di pagine o gruppi);
3. premere pubblicamente sulle grandi digital mayor riguardo al tema per spingerle a intervenire più severamente;
4. fare un lavoro personale di maggior attenzione verso la scelta degli amici – selezionando attentamente e, nel caso, eliminando i profili hater;
5. intervenire nelle conversazioni e, con i propri commenti, cercare di criticare costruttivamente chi ha atteggiamenti aggressivi e ostili;
6. proporre una serie di azioni che competono all’area presidiata dalla giustizia con il coinvolgimento di avvocati esperti, come quella recentemente trattata a Brescia. Parallelamente all’uso di strumenti come quelli proposti da Google per la rimozione di contenuti dalla piattaforma.

Riguardo alla tutela digitale esistono anche app private come LinKiller, un’applicazione in lancio per smartphone, attraverso la quale chiunque potrà chiedere di eliminare contenuti online che considera lesivi e diffamatori della propria persona.

Riguardo al monitoraggio della rete per tenere sotto controllo certe parole chiave (le grandi organizzazioni lo fanno) ci sono portali adibiti, uno dei quali tutto italiano è Blogmeter. Sappiamo inoltre che dal 2016 esiste uno strumento sovranazionale, un vero Codice di condotta per lottare contro le forme illegali di incitamento all’odio online, che da inizio 2019 è già alla sua quarta valutazione, attestando che ha prodotto interessanti risultati volti a monitorare più velocemente la rete e a fare in modo che vengano segnalate le attività criminali, diffamatorie, razziste, sessiste e in genere a tutti gli atteggiamenti e alle parole ostili contro la persona e o i rappresentati di enti e istituzioni.

Torneremo spesso, anche su questo blog, a parlare più approfonditamente degli aspetti giuridici (civilistici e penali) delle condotte moleste, ostili, degradanti, umilianti e offensive sul web e sui social, affinché nel tempo i luoghi virtuali, espressione imprescindibile della contemporaneità, possano tuttavia (tornare a) essere luoghi di confronto civile.

* Libera Professionista nel mondo della Comunicazione Digitale, promuove eventi con finalità di acquisizione e sviluppo di nuovi business. Scrive per blog e portali professionali su tematiche quali salute & benessere, innovazione, imprenditoria al femminile e start-up. È del 2017 il suo “La Logica del Fluire; che mercato saremo”, Lupetti Editore. È co-fondatrice di Lavoro da Favola e Ambasciatrice del Festival della Crescita.

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