“Non avrei mai immaginato,  da mamma lavoratrice autonoma, di avere diritto anche alla maternità facoltativa fino al primo anno del bambino. Per non parlare del bonus bebé, destinato a chi ha un Isee di 25.000 euro al mese: tra me e mio marito siamo sopra i 50.000, non volevamo fare domanda, eppure detraendo figlio a carico e mutuo siamo rientrati”. Costanza, 41 anni, è una traduttrice free lance. Ha sempre saputo che il welfare per le madri in Italia fosse scarso,  “così in fondo crediamo tutte”, ma quando si è informata meglio ha scoperto di aver diritto a molte più cose di quanto credesse.

Ad aiutarla è stata una start up, Sportello mamme, nata un anno fa per risolvere problemi e pratiche burocratiche legate alla maternità delle lavoratrici, soprattutto con partite Iva. La “missione” di questa piccola azienda, che ha già aiutato 600 madri, è quella di rendere accessibili a tutti i genitori le informazioni necessarie, spesso sconosciute, sulle tutele statali, ma anche regionali e comunali. “Sono partita come consulente di lavoratori autonomi e liberi professionisti con Partita Iva, assistendoli sulla parte fiscale e previdenziale”, spiega Carolina Casolo, 33 anni, milanese, fondatrice di Sportellomamme e precedentemente di Giovani con la Piva.

“Poi però, mano mano che le mie clienti diventavano madri, mi sono resa conto che ciò che mancava era soprattutto un’informazione sui diritti legati alla maternità e sui sussidi, raramente pubblicizzati dalle istituzioni che li erogano. Molte dipendenti non sanno ad esempio che se si licenziano  prima del compimento di un anno del figlio hanno diritto fino a 24 mesi di Naspi. Le lavoratrici autonome non conoscono l’esistenza del conguaglio del loro contributo di maternità o la possibilità di usufruire di quella facoltativa al 30%. Io do informazioni gratuite e precise, poi offro la possibilità di acquistare a prezzi ridotti e calmierati il servizio di presentazione della domanda, con tanto di fattorino che viene a casa a prendere i documenti”.

La fatica di andare a un Caf con un neonato in braccio – Ma l’assistenza non si ferma qui. “Sono quella che gioisce per la nascita di tuo figlio”, continua Carolina Casolo, “ma ti fa presente di mandare il certificato di nascita per un corretto carico delle detrazioni familiari. Sono il whatsapp alle 9 di sera che ti ricorda che se non puoi passare da studio per le scadenze, ci possiamo prendere un caffè. E ci tengo a ricordare che abbiamo anche un servizio di assistenza psicologica, perché cominciare una gravidanza quando si lavora è sempre un problema, a meno che non si lavori nella Silicon Valley. Con le lavoratrici autonome, specie quelle che vogliono rimettersi in gioco nel mondo del lavoro dopo i figli, facciamo invece un lavoro per ricostruire la loro professionalità, creare un business plan, scegliere i clienti, gestire l’ansia della mancata entrata fissa”.

A spiegare perché tante mamme preferiscono rivolgersi a uno sportello digitale che a un Caf è Francesca, 37 anni, grafica: “Sarò sincera. Con una bambina di poche settimane in braccio per me era fantastico poter risolvere tutto attraverso il telefono o internet, con una persona a casa per prendermi i documenti. I patronati non mi danno molta fiducia, io ho un lavoro per cui non esiste neanche un albo, non so neanche se mi avrebbero potuto aiutare. Personalmente, ho avuto un problema enorme nel farmi dare la maternità a cui avevo diritto, cosa che succede a molti, l’Inps non riusciva a capire se avevo abbastanza contributi nonostante dieci anni di contratti a progetto. Attraverso lo Sportellomamme, sono riuscita ad ottenere la maternità ma anche, ad esempio, il bonus bebé di 80 euro al mese che non conoscevo”. Anche Alice, 33 anni, che si occupa di digital marketing per aziende alimentari, ha riscontrato mille difficoltà nella richiesta della sua maternità. “Mettersi in coda negli uffici pubblici con una bambina piccola era un incubo, così mi sono rivolta allo Sportellomamme e ho scoperto che avevano sbagliato tutti i calcoli. Ma per capirlo avrei dovuto passare le notti in bianco a leggere documenti”.

Tutti i bonus a cui hai diritto se sei genitore – Ma quali sono i principali bonus statali a cui ha diritto chi ha un figlio? “Anzitutto, spiega Carolina Casolo, c’è il premio nascita, che si chiama anche “bonus mamme futuro”: è di 800 euro, spetta a tutte le mamme a prescindere dal reddito purché il bambino sia nato dal 2017. Si fa domanda a partire dal settimo mese di gravidanza, così da coprire anche i costi delle ecografie o le prime spese”. Oltre al premio nascita c’è il bonus bebé, sempre statale, ma basato sull’Isee. Viene dato a tutti coloro che hanno un Isee inferiore a 25.000 euro. Si tratta di 80 euro al mese per un anno, che diventano 160 se l’Isee è inferiore a 7000 euro, solo per il primo anno di vita, però (prima era tre). “Consiglio a tutti sempre di fare l’Isee, perché molte persone pensano che la cifra si ottenga sommando i redditi dei due genitori, ma non è così. L’algoritmo può riservare molte sorprese anche a chi ha redditi alti, perché se si hanno figli a carico o un mutuo si abbassa drasticamente. Chi ha molti figli, infatti, ad esempio le persone immigrate, in genere ha un Isee pari a zero”.

Sono due invece le tipologie di aiuti per il nido. “Il bonus nido, a prescindere dal reddito, dato ai bambini iscritti al nido: 1.500 euro l’anno dal 2019, 1000 euro per il 2018 e 2017, divisi in 11 rate. Esiste anche un bonus nido per la domiciliarità che si può ottenere se il proprio bambino non va al nido per motivi di salute o altro”. Oltre ai bonus, esistono poi gli assegni familiari, che si riducono progressivamente fino ad azzerarsi per chi ha un reddito (non un Isee) superiore a 70.000 euro. “Bisogna tenere presente che nel caso non si sia sposati, ma conviventi con residenze diverse, lo Stato calcola solo il reddito del genitore che vive con i figli, in genere la madre. Bene ricordare, però, che ci sono controlli”.

Infine, le detrazioni: per i figli a carico, per il nido (19% su circa 650 euro, una cifra ben più bassa del bonus nido), per le attività sportive (sempre il 19% della retta). “È importante spiegare che chi ha una partita Iva con regime agevolato non può avere le detrazioni, comprese quelle per le spese mediche. Ho tante mamme che lo scoprono in ritardo”. Poi ci sono anche i sussidi dei comuni, “ad esempio ormai quasi tutti i comuni hanno assegni per i nuclei numerosi, oppure – mi riferisco ai comuni più ricchi – una bebé card che permette di spendere 150 euro ogni due mesi in centri convenzionati”. “Insomma”, conclude Carolina Casolo “se avete scoperto di aspettare un figlio, cominciate ad informarvi. Gli aiuti in Italia sono pochi, ma è un peccato sprecare quello che esiste. E un altro consiglio: non arrabbiatevi con il vostro commercialista: lui fa i conti, non è un consulente di welfare”.

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