Quattro o cinque colpi di pistola. Non ha avuto il tempo nemmeno di scendere dalla sua auto, appena parcheggiata nel cortile del condominio “Il Glicine” ad Arghillà, nella periferia nord di Reggio Calabria. Francesco Catalano è morto sul colpo. I killer lo hanno atteso sotto casa e lo hanno freddato. La dinamica dell’agguato indica la mano di professionisti. Un omicidio pesante quello che si è consumato ieri sera nella città dello Stretto. Un delitto che si incastra alla perfezione nelle dinamiche che stanno interessando le cosche di Gallico, il quartiere di origine della vittima. Tra intimidazioni, danneggiamenti e omicidi, infatti, il locale di ‘ndrangheta da più di un anno è al centro di frizioni mai sanate.

Detto “Ciccio u bumbularu”, Catalano avrebbe compiuto cinquant’anni a luglio. Non era uno qualunque. La sua carriera criminale è iniziata nel 1992 quando era stato denunciato per detenzione di 20 cartucce per pistola. Segnalato più volte per le sue frequentazioni con pregiudicati della zona, in passato è stato uno dei fiancheggiatori dell’ex latitante Paolo Iannò (oggi collaboratore di giustizia). Era stato condannato, inoltre, a 5 anni di carcere per associazione mafiosa in uno dei tronconi del processo “Olimpia”. Coinvolto anche nelle inchieste “Mare monti” e “Vertice”, il pentito Giuseppe Lombardo lo ha definito un uomo di fiducia di Paolo Iannò con il quale avrebbe reperito e fornito all’ex latitante Pasquale Condello, detto il “Supremo”, un’abitazione dove nascondersi per un periodo.

Ritenuto “persona vicina al boss Ciccio Rodà”, Catalano gestiva una tabaccheria e un rivendita di bombole a gas. Sul luogo del delitto sono intervenuti gli agenti della squadra mobile coordinati dal sostituto procuratore della Dda Stefano Musolino. Eseguiti i rilievi, la polizia ha perquisito le abitazioni dei pregiudicati della zona e ha interrogato i familiari di Catalano. L’unica certezza, al momento, è che sia stato un omicidio di mafia. Lo si desume dalla dinamica e dalla personalità della vittima sulla quale, scrivono i carabinieri in una nota, “non vi è alcuna sorta di dubbio circa la sua appartenenza al sodalizio criminale facente capo alle famiglie Imerti-Condello-Fontana”.

Nella sua biografia criminale, Catalano sarebbe stato una “vedetta” sul territorio di Gallico in grado di fornire assistenza ai latitanti. Con i boss in carcere e il locale in mano alle “seconde linee”, però, il suo ruolo ultimamente era cresciuto. I bene informati lo descrivono come un soggetto legato al gruppo di Paolo Iannò e, quindi, anche a quello boss Mimmo Chirico, ucciso nel 2010 da Giuseppe Canale poi ammazzato nel 2011. Per i presunti mandanti di quest’ultimo omicidio, nelle scorse settimane è stato chiesto l’ergastolo dal sostituto procuratore della Dda Sara Amerio che, nel fascicolo del processo, ha inserito pure le lettere che Francesco Catalano scriveva al boss Ciccio Rodà quando era detenuto.

Due omicidi, quello di Chirico e Canale, che hanno alterato gli equilibri della ‘ndrangheta a Gallico, già provata dalle operazioni antimafia che per diversi anni hanno tenuto in carcere boss come Giovanni Rugolino detto “Craxi” e Ciccio Rodà, oggi entrambi liberi. Esattamente un anno fa, sempre a Gallico, è stato ucciso Pasquale Chindemi, indicato dagli inquirenti vicino alla cosca Araniti. Suo figlio, Paolo, è stato arrestato l’estate scorsa perché avrebbe sparato al boss Demetrio Logiudice, detto “Mimmo u boi”, uccidendo però l’amante di quest’ultimo.

Un agguato che, apparentemente, non sembra essere la risposta all’omicidio di Chindemi. Piuttosto una “cortesia” in cambio di qualcosa su cui adesso la Dda sta indagando. Non è escluso, infatti, che a breve i pm possano avere un quadro più chiaro di ciò che sta succedendo tra le cosche del locale di ‘ndrangheta e sul tentativo di alcune famiglie di Archi di influenzare quella che ancora non può essere definita, ma lo può diventare, una faida.

Nessuna conferma a proposito, però da alcune settimane ci sono indiscrezioni che un soggetto bene inserito nelle dinamiche mafiose di Gallico ha iniziato a collaborare con la giustizia fornendo ai magistrati elementi utili alle indagini e, soprattutto, la composizione dei gruppi che si stanno contendendo la zona. Nomi vecchi e nuovi che si mescolano in un quartiere ad alta densità mafiosa. Dove la ‘ndrangheta controlla tutto, dalle attività commerciali alle assunzioni nei supermercati. Dove le tensioni degli ultimi anni non possono essere derubricate come semplici aspettative dei rampolli di ‘ndrangheta che cercano di fare le scarpe ai vecchi boss. La sensazione è che a Gallico stia succedendo qualcosa di più grave. Qualcosa che, ieri sera, è passato anche per l’omicidio di “Ciccio u bumbularu”.

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