Dopo la bocciatura dell’accordo di recesso dall’Ue, presentato in Parlamento da Theresa May la settimana scorsa, l’atmosfera a Londra si era fatta pesante e le giornate noiose, senza una battuta originale di qualche ministro o un nuovo simpatico slogan, o almeno un gioco di parole particolarmente privo di significato, sulla scia di Brexit is Brexit. L’altro giorno però ci ha pensato un parlamentare conservatore a tirare un po’ su il tono generale, presentando un emendamento “fine del mondo” che la signora May ha subito sostenuto, convincendo a votarlo tutti gli onorevoli colleghi del suo partito.

Bocciati altri emendamenti forse più ragionevoli, ma troppo prevedibili (impegno a chiedere una proroga dei due anni previsti dall’articolo 50 o impegno a non impelagarsi in un’uscita senza accordo? Ma va, che barba!), ha avuto invece un successone l’emendamento di sir Graham Brady, un tipo cordiale e allegro – a giudicare dal sorriso dentuto con cui si presenta nella foto su Wikipedia – e anche ottimista, a leggere le sue dichiarazioni prima della vittoria: “Spero che il modo in cui è stato costruito l’emendamento riesca ad attrarre un vasto consenso. E, se passa, allora penso proprio che darà al primo ministro uno straordinario potere di fuoco per quando tornerà a Bruxelles”. Da dove, tuttavia, si sono già affrettati ad avvertire che di modifiche all’accordo non vogliono più sentir parlare.

Ma in che cosa consiste e cosa propone l’emendamento e per quale motivo è riuscito a trovare una maggioranza che l’ha votato? Brady ha verificato che l’accordo di recesso era stato bocciato per un very, very fundamental problem con il backstop: la garanzia che, per impedire un confine rigido tra le due Irlande, prevede la permanenza di un’unione doganale finché non si troverà il modo di effettuare i controlli non fisicamente. Di conseguenza, per superare il fundamental problem, l’emendamento Brady prevede che il backstop venga sostituito da “accordi alternativi volti a evitare un confine fisico”.

Ci voleva così poco per capirlo: bastavano degli accordi alternativi, no? A dirla tutta c’è stato qualcuno che si è intestardito a chiedere in che cosa consistessero nel dettaglio, per esempio la nordirlandese lady Sylvia Hermon: “Il primo ministro sta cercando di incoraggiare questa Camera a votare un emendamento che usa le parole ‘accordi alternativi per evitare un confine fisico’ sull’isola di Irlanda. Mi perdoni signora primo ministro se dico che queste parole sono nebulose. Lo sono: il primo ministro ha il dovere di spiegare alla Camera, prima del voto, che cosa siano questi ‘accordi alternativi’ e come diavolo si possa pensare che gli altri 27 Stati membri aderiranno a questo nuovo accordo prima del 29 marzo”.

Lady Hermon ha ricevuto da Theresa May una risposta altrettanto nebulosa: “L’emendamento fa riferimento alla questione degli ‘accordi alternativi’. Questa terminologia è riconosciuta nell’accordo di recesso e nella dichiarazione politica relativa e intendo riferirmi a un certo numero di opzioni che sono state avanzate in relazione a quella particolare terminologia”. Ora, sarà anche vero che l’espressione viene ripetutamente usata nei due documenti, ma lo si fa solo per spiegare che l’impossibilità di trovare attualmente dei validi “accordi alternativi” ha reso necessaria la garanzia del backstop. Ce ne fossero stati di validi, sarebbero già stati approvati dalle parti e inseriti nell’accordo.

Sylvia Hermon, comunque, non si è persa d’animo e ha continuato coraggiosamente a cercare una risposta tentando con Stephen Barclay, l’ultimo dei segretari di Stato per l’uscita dall’Unione europea: “Ho aspettato molto, molto pazientemente, ma ora ho perso la pazienza. Vorrei che il Segretario di Stato spiegasse a questa Camera in che cosa consistono precisamente gli ‘accordi alternativi’. È una domanda diretta e abbiamo diritto a una risposta diretta”. “Questa farà parte del negoziato che discuteremo al momento di affrontare gli aspetti tecnici” è stata la risposta di Barclay e qui, purtroppo, il verbale della seduta non riporta la reazione di Lady Hermon.

È invece reperibile, presso la Bbc, quella di un fisico, il professor Bob Cywinski, subito dopo aver ascoltato le tortuose quanto inutili risposte di Barclay, pungolato ripetutamente dal giornalista Nick Robinson nel corso di un’indimenticabile intervista a Radio4:

D. “Che cosa sono gli ‘accordi alternativi’ che Theresa May chiederà all’Ue per evitare un confine fisico?”
R. “È quanto stiamo esplorando: l’uso della tecnologia, il termine temporale…”
Commento: “E così il Parlamento ha votato a favore di ‘accordi alternativi’ senza avere la minima idea della forma che potrebbero prendere, della tecnologia che potrebbe essere impiegata, se questa tecnologia esista o mai esisterà? È chiaro che i matti hanno preso il controllo del manicomio e hanno buttato fuori i medici”.
Risposta al commento: “Ma sì che l’hanno spiegato. Gli accordi alternativi sono accordi che sono alternativi. Proprio come Brexit significa Brexit. È quello che è”.

E mica per niente il Fatto Quotidiano del 30 gennaio ha pubblicato a pagina 21 la cronaca della giornata a Westminster e a pagina 22 il servizio sull’autobiografia dei Monty PythonJohn Cleese, nauseato, ha lasciato l’Inghilterra e si è trasferito in un’isola dei Caraibi, ma lo spirito “montypythonesco” può rispuntare nei luoghi più impensati.

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