La sconfitta era attesa, non le dimensioni del ko. Il Parlamento britannico ha bocciato l’accordo di divorzio raggiunto da Theresa May con l’Unione europea. A poco è servito l’ultimo, accorato appello della signora di Downing Street all’aula, dopo i moniti martellanti di questi giorni contro lo spauracchio di una separazione caotica dai 27 o quello di un “tradimento” del volere popolare espresso nel referendum del 2016. Il testo – un “buon accordo”, secondo il suo refrain, in grado di garantire il rispetto della volontà del popolo tutelando al contempo “i posti di lavoro e la sicurezza” del Regno – è stato affossato con 432 no contro appena 202 sì. Uno scarto di 230 voti, molto pesante per il governo.

Una batosta senza precedenti dal 1924, segnata dal muro innalzato dalle opposizioni ma anche dalla rivolta di massa di decine di deputati d’una maggioranza alla deriva: sono stati 118 i deputati conservatori che hanno votato contro il primo ministro. Una disfatta alimentata dall’alleanza di fatto fra i conservatori brexiteers ultrà e i loro compagni di partito schierati sulla barricata dei pro-Remain irriducibili favorevoli a un nuovo “People’s Vote”, un nuovo referendum che ridia voce al popolo; oltre che dagli alleati unionisti nordirlandesi del Dup, furiosi contro l’inserimento nell’intesa del vincolo teorico del backstop imposto dall’Ue a tutela del confine aperto fra Dublino e Belfast e a garanzia dello storico accordo di pace del Venerdì Santo.

Nell’intervento che ha seguito la proclamazione del risultato, May ha chiesto alle opposizioni di presentare una mozione di sfiducia sul suo governo per discuterla domani e vedere se l’esecutivo dispone ancora del sostegno di una maggioranza. La premier scommette sulla mancanza di volontà dei conservatori e dei loro alleati di consegnare il governo all’opposizione: il portavoce del Dup, il partito degli unionisti nordirlandese che sostiene il governo, ha annunciato che voterà la fiducia.

May ha detto che il no all’accordo è chiaro, ma che non sono emerse chiaramente altre proposte sul tavolo. Se rimarrà in carica, ha proseguito, continuerà l’impegno per portare a termine la Brexit. A questo fine incontrerà i partiti di opposizione con “spirito costruttivo” per discutere come procedere in questa direzione e si recherà nuovamente a trattare a Bruxelles. Nella consapevolezza d’un calendario ormai frenetico se si vorrà evitare di precipitare in un no deal di default. Il punto di partenza resta d’altronde l’accordo appena cassato. Il governo tedesco, il primo a schiudere uno spiraglio a “nuovi colloqui” di fronte allo scacco di stasera, ha spiegato per bocca del ministro degli Esteri Heiko Maas che in ogni modo sul tavolo rimarrebbero nella sostanza le 585 pagine del testo faticosamente negoziato nei mesi scorsi.

Il leader laburista Jeremy Corbyn ha immediatamente raccolto il guanto di sfida e ha presentato la mozione, che sarà discussa domani sera alle 19 locali, le 20 in italia. Corbyn ha parlato di “sconfitta devastante“, ha accusato la premier d’essersi negata al dialogo con l’opposizione per scongiurare un no deal e di aver privilegiato gli interessi del Partito Conservatore su quelli del Paese. Ha infine auspicato che la Camera dia domani il suo “verdetto sull’incompetenza di questo governo”.

 

Immediato, come annunciato, è arrivato il commento della Commissione Ue. “Con rammarico prendo nota del risultato del voto”, si legge in una nota del presidente Jean-Claude Juncker, ma “da parte Ue il processo di ratifica dell’accordo di recesso prosegue”. “Il rischio di un’uscita disordinata è aumentato con il voto di stasera. Mentre non vogliamo che accada, la Commissione proseguirà il suo lavoro per assicurare che l’Ue sia pienamente preparata. Chiedo al Regno Unito di chiarire le sue intenzioni il prima possibile. Ci siamo quasi”, conclude, in riferimento al termine del 29 marzo, giorno in cui la Brexit entrerà in vigore e il Regno Unito lascerà l’Unione.

“Se un accordo è impossibile, e nessuno vuole un no deal, allora chi avrà alla fine il coraggio di dire qual è l’unica soluzione positiva?”, ha twittato il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk., sottintendendo che “l’unica soluzione positiva” sarebbe la permanenza del Regno Unito nell’Unione.

“Il voto di Londra sulla Brexit è una brutta notizia – ha twittato il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani – Il nostro primo pensiero sono i 3 milioni e 600 mila cittadini europei nel Regno Unito e i britannici che vivono nella Ue. Hanno bisogno di certezze sul loro futuro. Noi ci batteremo sempre per loro!”.

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