Angelo Tofalo passerà alla storia non per la sua sbandierata competenza di intelligence e servizi segreti (ha fatto parte per anni del Copasir, il comitato parlamentare di controllo sui servizi) ma per il suo entusiasmo un po’ naif con cui affronta il suo incarico. Dimenticavo: l’ingegner Tofalo è attualmente sottosegretario alla Difesa in quota cinquestelle. Fa da spalla alla ministra Elisabetta Trenta, anch’essa pentastellata, che era stata sua tutor alla Link Campus University.

Perché parlo di entusiasmo naif? Le gesta del Tofalo lo spiegano più di millanta parole. Soldato di strade sicure, paracadutista del reggimento Tuscania (di cui nel suo blog rilancia il motto arditamente fascisteggiante “Se il destino è contro di noi, peggio per lui”), infiltrato in un network un po’ pulcinellesco di trafficanti internazionali di armi. E adesso intrepida testuggine (copyright Di Maio) che rinnega anni di critiche e vituperii dei grillini per finalmente abbracciare con la convinzione del parvenu quello che fino a pochi attimi prima era il male assoluto, il caccia F-35.

Per vedere l’effetto che fa, Tofalo ha scelto la cornice solenne di una sala della Camera dei deputati. Di fronte a un parterre se non de rois almeno di grecati (c’erano tutti i capi di stato maggiore e probabilmente anche qualche attento orecchio americano) ha ribadito con enfasi un concetto che aveva già espresso in precedenza: l’F-35 mi piace, piace molto anche all’Aeronautica militare e noi non possiamo privarcene. Ergo, lo compreremo.

Tofalo, tra le sue deleghe, ha anche quella per trattare l’affaire F-35, dunque se parla lo fa a nome del Governo, non dell’ingegner Angelo. Con che potremmo anche dire che la storia finisce qui, come previsto. D’altronde la cosa era evidente sin dal viaggio a Washington del signor Giuseppe Conte. Il nostro presidente del Consiglio pro-tempore prese atto che Trump non avrebbe gradito un ritiro italiano dal programma del caccia delle meraviglie e ritornò in Italia portando la lieta (per la Lockheed) novella.  In cambio gli ammericani ci hanno dato un contrattino da 2,4 miliardi di dollari per 84 elicotteri di Leonardo. Mentre il vero contratto del secolo, quello per l’addestratore Tx, lo hanno assegnato alla svedese Saab e all’americana Boeing. Inizialmente saranno 350 gli aerei che Saab costruirà, ma il numero finale potrà essere di circa mille. E pensare che noi sciocchi andiamo in giro per il mondo dicendo che Leonardo produce il miglior addestratore possibile, il 346. Un vero scambio alla pari: 2,4 miliardi quando noi per l’F-35 pagheremo a Zio Sam almeno una quindicina di miliardi solo per cominciare. Salvo poi dipendere dagli Usa per i prossimi 30-40 anni di vita operativa dell’aereo. E il verbo dipendere qui è usato nel suo significato proprio: essere in potere, in facoltà di qualcuno (cfr. dizionario Treccani). Perché l’F-35 è progettato per essere “prigioniero” di Lockheed fino a quando vorrà Lockheed stessa. Il sistema Alis che ne dovrebbe garantire la manutenzione in realtà è un Grande Fratello a cui l’aereo è permanentemente collegato e che ne monitora tutte le attività. Se ci stacchiamo, o se gli americani decidono di staccarlo, l’F-35 si ferma. Si dice che in realtà ci sia una sorta di periodo di grazia, si parla di 30 giorni, durante i quali l’aereo può funzionare anche “scollegato” da Alis. Poi bye bye my darling. Indubbiamente un magnifico aereo.

Una meraviglia per chi ha a cuore gli interessi nazionali (degli americani). C’è poi il problema, non piccolo, del software di missione. Cioè di quello che consente all’aereo di volare e, se necessario, combattere. Nonostante non se ne parli quasi più, l’F-35 continua ad essere pieno di problemi. In primis il software che non funziona. Che continua a non funzionare, nonostante l’Aeronautica militare italiana (la nostra) quattro mesi fa abbia dichiarato il raggiungimento dell’Ioc, Initial Operational Capability, la capacità operativa iniziale. In realtà solo una panzana propagandistica, tant’è che l’Ufficio del Pentagono responsabile del programma ha negato il via alla produzione su larga scala. Ci vorranno ancora anni perché l’F-35 sia in grado di operare come un caccia. E per quanto riguarda i 13 velivoli già consegnati all’Italia si porrà allora anche il problema di aggiornarli allo standard costruttivo finale (o quasi). Secondo fonti statunitensi, il maggior costo per l’Italia dovrebbe essere tra i 40 e i 50 milioni di dollari ad aereo. Mezzo miliardo e passa la paura.

Inutile comunque continuare a ripetere cose che i miei cinque o sei lettori sanno benissimo. E che solo il buon Tofalo dice di non vedere, dopo che per anni ha condiviso gli anatemi del suo capo e corregionale Luigi Di Maio. Sono convinto che l’Angelo dei gialli non abbia agende inconfessabili a parte i suoi entusiasmi da convertito sulla via di Fort Worth (dove ha sede la Lockheed). E non penso neppure che per convincerlo gli abbiano dovuto promettere qualche beneficio inconfessabile. D’altronde non hanno spazzato via i corrotti e abolito la povertà (e qualche migliaio di anni fa forse si sarebbero intestata man che l’immacolata concezione)? Probabilmente all’Angelo dei gialli basta l’idea che un giorno, presto, potrà occupare il cockpit di un F-35 con una tuta di volo da top gun e dire, in favore di telecamera, “si avvera oggi un sogno per chi, come me, porta gli occhiali. Uno vale uno anche nel blu dipinto di blu”. Una bella photo opportunity da mostrare ai suoi nipotini.

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