Ho letto un libro istruttivo: s’intitola La morte della verità. La menzogna nell’era di Trump (Solferino, 2018, 17 euro). L’ha scritto la giornalista nippoamericana e premio Pulitzer Michiko Kakutani, fino al 2017 temutissima critica letteraria di The New York Times. È un manifesto contro la sconfitta della ragione. Sostiene che l’aggressione nei confronti della verità stia dilagando in tutto il mondo, dove populismo e fondamentalismo hanno gran successo nell’eccitare la paura e la rabbia, a scapito della discussione argomentata. Così si inceppano le istituzioni democratiche, mentre la competenza viene sostituita dalla cosiddetta “saggezza del popolo”. È peraltro lo stesso “popolo” evocato anche in Italia, grazie a certi proclami fatti sulla base di un presunto “mandato popolare”, interpretato in modo quasi mistico dai leader di turno.

La giornalista si chiede quale valore abbia la certezza dei fatti in una società in cui le teorie complottiste dilagano on line e off line, la stessa ricerca scientifica è messa in discussione e le notizie false sono servite per colazione. Ovviamente dedica molto spazio all’uso dilagante dei social network, allo scopo di concimare il terreno di coltura in cui cresce questo tremendo fenomeno. Anche perché sempre più spesso i cittadini si informano soltanto attraverso internet, sono intruppati in silos virtuali colmi di gente che la pensa esattamente come loro, in base a un’unica visione della realtà, alla faccia di 3mila anni di dialettica e al socratico/platonico “So di non sapere”. Un processo che negli Usa ha portato al potere, col voto di milioni di americani, un presidente con la documentata attitudine a raccontare balle e, altrove, ha gonfiato partiti monocratici e illiberali.

Kakutani, citando grandi intellettuali dall’inizio del Novecento fino ad oggi, ricorda che il trionfo della menzogna non ha un colore politico, ma resta una minaccia globale, perché “senza verità non ci può essere fiducia e senza fiducia la democrazia zoppica”. Fa così un appello agli irriducibili del pensiero razionale, nella speranza che possano ancora essere – come è sempre stato – un antidoto contro il declino. Qualche speranza di riscatto c’è. D’altra parte, il Novecento è stato (checché ne dicano i detrattori dell’incolpevole Medioevo) il secolo più buio nella storia dell’umanità per gli orrori che i regimi totalitari nazisti, fascisti e comunisti hanno provocato, puntando sulla distruzione della verità per realizzare i loro programmi. Però è stato anche il secolo in cui la democrazia liberale, il miglior sistema di governo inventato dall’uomo, ha dato i frutti migliori.

Il libro offre comunque l’occasione per ragionare anche sulla realtà italiana, sebbene non ne tratti. Nel nostro piccolo, il tipo di antipolitica rappresentato da Donald Trump trova in Italia, purtroppo, fulgidi esempi in salsa nazionalpopulista: garantiti dallo stile, chiamiamolo così, del governo pentaleghista, dominato dai diktat della nuova Lega nazionale e pervaso dalla fiducia nel magico mondo del web, quella grazie al quale i leader decidono spacciando le loro personalissime scelte per decisioni prese dall’Oracolo online. Tra i pentaleghisti spicca il monarca assoluto della nuova Lega, Matteo Salvini, che nel suo piccolo guarda con invidia all’energumeno della Casa Bianca.

Di certo, anche in Italia si vive immersi in un mondo in cui le notizie artefatte sono diffuse a getto continuo attraverso post e tweet, in alcuni casi sostenuti da consulenti specializzati e da plotoni di troll professionisti. Parallelamente, avanza la delegittimazione del giornalismo. È chiaro che non si può attribuire ogni responsabilità ai pentaleghisti. Semmai loro sono l’esito di una costante demolizione della verità: prima da parte del sistema berlusconiano, poi da parte di quello renziano, entrambi inclini alla diffusione della fuffa. In questo senso, il salvinismo e il grillismo, con sfumature diverse e nonostante i loro inni alla diversità, sono in perfetta continuità con la fuffologia, chiamiamola così, di chi li ha preceduti.

Quelli che abbiamo sotto gli occhi sono i risultati, qui e altrove. D’altra parte, la Kakutani delinea alcuni fenomeni evidenti anche in Italia: nazionalismo, tribalismo, paura del cambiamento, odio nei confronti del diverso (cominciando dai migranti) sono in costante crescita. Questi appelli trovano fra le persone, chiuse nelle loro bolle di partigianeria, una buona accoglienza, visto che si sta perdendo il senso di una realtà condivisa e la capacità di comunicare al di là del clan o, peggio, della setta. Diciamo che pure nell’ex Belpaese oggi ci sono situazioni e stati d’animo capaci di rendere le persone facili prede dei demagoghi. Inoltre milioni e milioni di smartphone hanno favorito la diffusione della disinformazione. Così come gli errori e la presunzione dei partiti prima al potere hanno creato insoddisfazioni e tensioni capaci di portare a questo risultato.

Però, ricorda Kakutani, la verità resta la pietra angolare della democrazia liberale. Le discussioni, anche accese, dovrebbero basarsi su fatti verificabili e condivisi, non su rozzi e falsi appelli a emozioni e paure. Quindi ognuno di noi ha il diritto e il dovere di chiedere a tutti i politici che si assumano la responsabilità delle loro menzogne. L’errore più grande? Girarsi dall’altra parte, per stanchezza o per noia.

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