Mentre i gas serra presenti nell’atmosfera terrestre segnano un nuovo record (Wmo 2018) e una ragazzina di 15 anni, Greta Thunberg, grida il suo drammatico appello agli adulti per fermare la catastrofe ambientale, in Francia centinaia di migliaia di manifestanti invadono le strade e le piazze per bloccare le politiche del governo Macron che – almeno nelle intenzioni – sono ambientaliste (aumento di pochi centesimi del prezzo di benzina e diesel e abbassamento della velocità da 90 a 80 km/h sulle strade statali). Una manifestante ha detto “dell’ecologia me ne frego”. Ecco, appunto. Quella gente se ne frega, non solo dell’ecologia, ma anche del futuro delle nuove generazioni.

Ogni anno muoiono milioni di persone a causa degli incidenti stradali, dell’inquinamento dell’aria e delle guerre per il petrolio. Ogni anno sempre più auto si producono rispetto all’anno precedente in tutto il mondo e il settore dei trasporti rischia di mettere in crisi gli accordi globali sul clima, in quanto l’andamento delle emissioni aumenta, contrariamente al programma di riduzione entro il 2050. Ma tutto questo sembra che non interessi.

I governi dell’Unione Europea hanno da poco deliberato una timida riduzione delle emissioni delle automobili nuove solo del 35% entro il 2030, con una deroga ai costruttori di auto di lusso. L’associazione T&E (Transport and Environment) denuncia che ancora troppi Stati (in particolare Germania e Paesi di Visegrad) pongono gli interessi dei costruttori automobilistici al primo posto. Il predominio dell’auto resta basato su un grande inganno: “I costi dell’energia sono errati, non riflettono i danni creati all’ambiente in particolare non riflettono le esternalità. L’uso di veicoli privati produce traffico, morti premature, incidenti con feriti. Si stima che i costi associati a questi fenomeni siano pari a circa dieci dollari per litro (di petrolio)”. Lo scrive il Fondo monetario internazionale nel 2014 in Getting Energy Prices right. Se vogliamo che ci sia giustizia nel mondo, iniziamo a dare il giusto prezzo al petrolio, al diesel e alla benzina, a far pagare i danni che questi combustibili provocano.

Come sottolinea il giornalista francese Razemon nel suo appassionante libro Il potere dei pedali, l’auto “continua a dominare l’immaginario collettivo di tanti francesi, soprattutto fuori dalle grande città. Parcheggiare la propria auto sembra costituire un diritto fondamentale dell’uomo”. Ma ci sono anche milioni di francesi che decidono di muoversi senz’auto, ai quali bisognerebbe dire grazie. È giusto ricordare che in Francia il tasso di motorizzazione (47,9 auto ogni 100 abitanti) è molto più basso del nostro (63,7 auto ogni 100 abitanti) e le politiche di mobilità sostenibile sono molto più sviluppate: dalle zone 30 estese a quasi tutte le città, ai doppi sensi ciclabili, al “girare a destra” – cioè la possibilità di girare a destra, per i ciclisti – anche quando il semaforo è rosso (novità già inserite nel Codice della strada francese) alla legge nazionale sul bike to work, sono tutte conquiste che noi in Italia ancora ci sogniamo.

Il problema resta però nelle zone rurali, da dove viene la maggior parte dei manifestanti: in queste zone, così come nelle aree interne italiane, pesa il taglio dei mezzi pubblici e la scarsità di ciclabili. Macron (ma non solo lui) sta puntando troppo sulle auto elettriche: “La prospettiva di rimpiazzare le auto oggi circolanti con auto elettriche, in un rapporto di uno a uno, non è sostenibile in termini ambientali” dice Greenpeace. E infatti le auto elettriche non tolgono nulla al traffico, agli incidenti: la produzione e lo smaltimento delle auto e delle batterie al litio sono molto impattanti. L’unica soluzione è condividerle.

Non c’è scelta, dobbiamo farcene una ragione e anche abbastanza in fretta: il numero di auto private circolanti deve ridursi sensibilmente e, al contempo, si dovrà investire molto di più nei mezzi pubblici e nella mobilità attiva, nel trasporto merci su ferrovia e su cargobike per l’ultimo miglio. Dobbiamo andare verso un sistema di trasporti che penalizzi l’auto privata (aumento del bollo, aumento delle accise, limitazione di velocità su strade statali e divieto di accesso in città) e al contempo renda gratuiti (o quasi) i mezzi pubblici, con agevolazioni a giovani, famiglie, ceti poveri, lavoratori pendolari.

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