È noto alle cronache come “il vescovo leghista” per via della sua amicizia con Umberto Bossi e per via di alcune affermazioni che, al Carroccio, sono sempre piaciute molto. Sui valori e sulle tradizioni, certo. Ma anche sui i gay, definiti “gente da curare”. Oppure sulla libertà sessuale, descritta come “femminismo lercio”. E infine sulle unioni civili, che sarebbero “un preludio ai matrimoni tra uomini e cavalli”. Monsignor Alessandro Maggiolini – vescovo di Carpi (1983-1989) e di Como (1989-2007) – è un personaggio controverso. Morì nel 2008 da indagato per favoreggiamento di un prete pedofilo, assiduo frequentatore di chat per omosessuali con il nickname ‘sborraboy’, che aveva abusato di un 14enne con un ritardo mentale e che, per questo, fu condannato a 8 anni con sentenza definitiva. Maggiolini, che si rifiutò di essere interrogato dal pubblico ministero, difese in pubblico il sacerdote e lo trasferì in un oratorio in provincia di Lecco, di nuovo a contatto con gli adolescenti. Poi gli telefonò e lo convocò in Curia per informarlo dell’inchiesta e, secondo il pm Maria Vittoria Isella, per dargli la possibilità di “mantenere un comportamento tale da sviare le indagini”. Ma nessuno si ricorda più di questo ‘dettaglio’ nella vita del monsignore. Tanto che oggi gli vogliono dedicare un asilo a Bareggio, nel Milanese, dove Maggiolini nacque nel 1931 e dove tutti lo chiamano ancora, con affetto, don Sandro.

Il neo sindaco, Linda Colombo (Lega), ha forzato le procedure e la legge, perché intitolare un istituto scolastico è una decisione dei docenti, che necessità dell’avvallo del ministero della Pubblica istruzione e del prefetto. Solo al termine dell’iter burocratico interviene l’amministrazione comunale. Invece giovedì 26 settembre il primo cittadino ha portato in Consiglio un ordine del giorno per mettere tutti di fronte al fatto compiuto. Unico voto contrario quello del Pd, che preferisce l’intitolazione di un parco. Tra i voti favorevoli, oltre alla maggioranza formata da Lega e Forza Italia, c’è stato pure quello del Movimento 5 Stelle. Decisione che è rimbalzata fino a Roma e non è piaciuta ai vertici del partito. Ma il capogruppo ‘grillino’, Flavio Ravasi, interpellato da ilfattoquotidiano.it, riferisce di “aver appreso della questione giudiziaria solo dopo il consiglio comunale”. E aggiunge: “È ovvio che questo cambia le nostre valutazioni e credo pure quelle della dirigenza scolastica. Se il sindaco era a conoscenza dell’episodio che ha coinvolto l’ex vescovo di Como, considero grave averlo taciuto ai consiglieri comunali, i quali non hanno potuto valutare avendo tutte le informazioni”.

Il sindaco, in effetti, lo sapeva. O meglio, dice di essersi documentata “velocemente, leggendo Wikipedia”. Ma quelle tre righe sulla celebre enciclopedia online le sono bastate. Tanto che il primo cittadino liquida la faccenda con una dichiarazione tranchant: “Alla fine erano congetture e poi Maggiolini è morto. Non mi pare il caso di tirare fuori questa storia adesso, anche perché la famiglia del monsignore ha già sofferto abbastanza per le polemiche politiche”. E la famiglia di quel 14enne, abusato da un sacerdote che l’ex vescovo di Como avrebbe pure aiutato a depistare le indagini, non ha forse sofferto? “Non conosco la vicenda nei dettagli e poi dell’intitolazione se n’è occupata Silvia Scurati, meglio parlare con lei”. Già, ma Scurati – consigliere leghista a Bareggio e neo eletta in Regione Lombardia – non risponde al telefono ed è irreperibile da due giorni. Intanto il dirigente scolastico, Giuliano Fasani, non si esprime. Parlano comunque i fatti: il consiglio d’istituto si è riunito per discutere l’intitolazione dell’asilo a monsignor Maggiolini, ma ha rinviato la decisione a data da destinarsi.

Se la giunta di Bareggio si fosse informata, avrebbe scoperto con relativa facilità cosa accadde tra l’agosto 2003 e il dicembre 2004. Don Mauro Stefanoni, 40enne parroco di Laglio, nel Comasco, abusò sessualmente di un ragazzo dell’oratorio. Dopo mesi il 14enne, afflitto da un ritardo mentale, trovò la forza di confidarlo prima ai suoi compagni di scuola e poi ai magistrati. Furono avviate le indagini e, in virtù del Concordato tra Stato e Chiesa, la Procura dovette comunicarlo al vescovo. Così Maggiolini, come attestano alcune intercettazioni telefoniche, approfittò di queste notizie riservate per informare il suo sacerdote in piena fase istruttoria, consentendogli di danneggiare l’inchiesta. Per questo fu indagato per favoreggiamento e convocato dal pm, davanti al quale oppose il silenzio. Ma il monsignore non si limitò a questo: dopo aver spostato don Mauro in un altro oratorio, diffuse un comunicato stampa: “Non si riesce a capire il perché di questa insistenza nell’accusare un prete che non è ancora stato condannato e c’è da augurarsi che non lo sia. La gente semplice e pacata guarda a don Mauro nella speranza di vederlo reintegrato pienamente nell’attività del ministero sacerdotale. Il resto è chiacchiera”. I giudici condannarono don Mauro per “violenza aggravata dall’età della vittima e dalla condizione di inferiorità psicofisica del ragazzo”. Sentenza confermata in appello con parole durissime: “L’imputato non merita nessuna clemenza (…) È arrivato fino alla denigrazione dei testi e a una vera e propria manipolazione degli atti istruttori raccolti”.

Quando la condanna diventò definitiva in Cassazione, la madre del 14enne abusato pubblicò un libro con l’editore siciliano Bonfirraro: ‘Mio figlio e il parroco. Il peccato che grida al cielo’. Un capitolo, fra gli altri, è degno di nota: quello dedicato alla stampa locale, ai fedeli e alla Diocesi di Como, tutti molto comprensivi con il parroco pedofilo e molto poco con la vittima. A Bareggio invece la Chiesa non sembra insensibile all’episodio. Anni fa qualcuno propose di dedicare a Maggiolini un oratorio, ma due sacerdoti considerarono l’iniziativa inopportuna, proprio perché il monsignore era stato coinvolto in quella brutta storia di pedofilia. Oggi la politica ci riprova. Tanto per il sindaco “sono solo congetture”.

(Ha collaborato Francesca Ceriani)

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