A proposito della crisi del libro, nel mondo editoriale, si cita spesso, per farsi coraggio, Umberto Eco, che ha definito il libro un oggetto perfetto e imperituro: “Il libro è come il cucchiaio, il martello, la ruota, le forbici: una volta che li avete inventati non potete fare di meglio”.

Sempre sostanzialmente uguale nei secoli, non è migliorabile e non è sostituibile. Quindi eterno. Dureranno nel tempo il cucchiaio e il martello, e durerà, tranquilli, anche il libro cartaceo.
Nel volume uscito l’anno scorso per Bombiani, Non sperate di liberarvi dei libri, una chiacchierata erudita sul tema fra Umberto Eco e Jean-Claude Carriere, si afferma la netta superiorità del libro in versione stampata su qualsiasi moderna forma di supporto tecnologico. I libri elettronici diventano presto obsoleti, a volte inefficienti, il libro tradizionale è sempre fedele, sopravvive da oltre cinque secoli. Se il libro tornasse ad essere oggetto consueto della vita quotidiana (ma lo è mai stato davvero in Italia?), si potrebbe salvare dalla turbo tecnologia più avanzata, arrestarne il declino. Come fare?

Se lo chiedeva Bruno Ventavoli, uno che se ne intende, pochi giorni fa su La Stampa. Notava che nonostante la grande vitalità dei festival, come Mantova, il libro sta diventando per gli italiani un oggetto sempre meno familiare. Il successo dei festival letterari sono rondini che non fanno primavera. Festival pieni, saloni del libro affollati e sold out (come l’anno scorso a Torino), ma in realtà è come la messa affollata di Natale. Passata la festa, gabbato lo santo. Le librerie restano vuote, i fedeli occasionali si danno appuntamento al Natale successivo.

Passerà anche questa pazzia di una vita iperconnessa ai social network che allontana l’umanità digitale tutta, maschi e femmine, adulti e bambini, dalla lettura del tradizionale libro di carta?
Il libro è in una crisi profonda e crescente. Il dato del venduto di Camilleri primo in classifica, con solo seimila copie nella settimana (Il metodo Catalanotti, due settimane fa, dato riportato da La Stampa) – un dato oggettivamente basso, se si pensa ai numeri di Camilleri qualche anno fa – la dice lunga sul venduto reale del resto dei titoli in classifica e soprattutto sul venduto di quelli che in classifica non ci sono proprio. Si parla di vendite medie di poco più di cento copie anno su oltre sessantacinquemila novità, dati 2017.

Anche secondo Ventavoli urge rifamiliarizzare gli italiani con i libri, mettendo il libro ovunque, “facendoli comparire nei reality, sui banchi di Montecitorio e anche su Youporn, per ricordare a tutti che esiste”. È una divertente provocazione. Si potrebbe tentare in effetti una nuova categoria su Youporn, quella del porno in libreria, come “librai arrapati”, “sesso in biblioteca”, “studiosi di riviste porno nascoste dentro grandi libri di teologia” (cit. Guzzanti), chissà, potrebbe anche funzionare. Rimaniamo fiduciosi nella lunga vita dei libri, perché sono come il cucchiaio, che come vedete continua ad avere successo su tutte le tavole, sempre che un giorno non si cominci a mangiare con le mani e a leggere con i piedi.

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