“Il sottoscritto… dichiara che per effetto degli eventi verificatisi in data 14 agosto 2018, relativi al cedimento di una sezione del Viadotto Polcevera, ha dovuto/dovrà sostenere urgenti spese per la perdita parziale/totale del veicolo… chiede il contributo economico per un importo di euro… dichiara al ricevimento di detta somma di non avere più nulla a che pretendere per il suindicato evento”.

La formula ambigua e l’insidia – Qualche riga in fondo al modulo, ambigua (o “infelice”, come la definisce la stessa società) abbastanza da poter essere interpretata come un accordo fatto e finito per qualsiasi altro tipo di indennizzo, non solo relativo ai danni dell’autoveicolo. Una sorta di risarcimento tombale che rischia di escludere chi lo firmi dalla possibilità di costituirsi parte civile nel processo per il crollo del Ponte Morandi. È questa, almeno secondo il parere dei legali, l’insidia contenuta nei moduli forniti da Autostrade ai sopravvissuti al collasso del viadotto dell’A10 che hanno “perso” il loro veicolo tra le macerie o sono riusciti a riaverlo ma danneggiato. E a firmarlo sono già state decine di persone.

Il legale: “Ci si mette in posizione sfavorevole” – La frase incriminata è “non avere più nulla a che pretendere per il suindicato evento”. Una formula che pur essendo riferita al danno del veicolo potrebbe essere intesa in maniera estensiva, come spiega a La Stampa l’avvocato Enrico Grego, legale di Fabio Ventrice, netturbino dell’Amiu scampato alla tragedia che ha rifiutato di sottoscrivere l’accordo: “Diciamocelo chiaro: se il mio cliente avesse accettato, difficilmente avrebbe potuto rimanere nel processo. Ed è altrettanto prevedibile – spiega al quotidiano torinese – che a posteriori, e dopo i dubbi degli interlocutori, chi ha inserito frasi del genere ovvero Autostrade fornisca versioni correttive. Di sicuro chi ha firmato si è messo in una posizione sfavorevole“.

Autostrade tranquillizza – Eppure Autostrade, pur ammettendo che il passaggio “è un po’ infelice” e verrà corretto nei prossimi giorni, garantisce che la firma non preclude alcun tipo di altra richiesta risarcitoria: “Quel modulo è stato utilizzato solo nel caso in cui chi ha avuto danno alla macchina ha chiesto l’indennizzo immediato – spiega la concessionaria a La Stampa – Essendo un danno materiale ben identificato, è stato indennizzato con il valore dell’auto a titolo definitivo. Gli altri contributi (quelli agli sfollati ad esempio, nda) sono stati concessi senza chiedere alcuna rinuncia, anzi specificando l’opposto”.

“A febbraio crollati 10 metri di ponte” – Intanto, alla base del litigio tra il direttore centrale delle operazioni di Autostrade, Paolo Berti, e l’amministratore delegato di Spea, Antonio Galatà, legato alla cura degli interventi di manutenzione, La Verità svela che ci sarebbe stato un crollo di circa 10 metri di ponte nel febbraio 2018. A collassare fu il bordo del viadotto, sul lato opposto a quello crollato alla vigilia di Ferragosto, durante dei lavori notturni. Berti, secondo la ricostruzione, si sarebbe lamentano sia riguardo all’accuratezza dei lavori che per il ritardo nella comunicazione dell’incidente. Giovedì, durante l’ascolto da parte della Guardia di Finanza, come persone informate sui fatti (quindi obbligate a dire le verità), alcuni dipendenti di Spea avrebbero iniziato ad ammettere che i controlli trimestrali erano più formali che sostanziali. Un aspetto sul quale i pm Walter Cotugno e Massimo Terrile, coordinati dall’aggiunto Paolo D’Ovidio, vogliono vederci chiaro perché ritenuto molto importante in fase processuale.

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