14 agosto 2018. Per noi italiani sarà una data non dissimile a quella che per gli statunitensi è stata l’11 settembre 2001. Uno spartiacque, un giorno che segna un punto di non ritorno. Ma lì, c’era il terrorismo islamico. Qui, la dimostrazione reale e insieme simbolica – quel mozzicone di ponte sospeso nel vuoto – di una contrapposizione sempre più radicale, ma sempre con lo stesso vincitore, tra la gente normale (chiamiamolo popolo se non fosse che appena lo si usa si viene tacciati di “sovranismo” e nazionalismo, pure da chi si dice di “sinistra”), e le élite. Sempre più ricche. Sempre più al riparo dai rischi ai quali le persone comune sono invece esposte.

Non è mia intenzione quindi discutere delle cause, quanto piuttosto delle responsabilità, che sono chiare dato che la manutenzione di quel ponte è in carico ad Autostrade per l’Italia. Al di là degli infelici comunicati, nei quali non c’era nessun riferimento alla vittime e si asseriva la convinzione di essere a posto, come se quel mozzicone di ponte con quaranta morti sotto non parlasse da solo, ciò che ha fatto crescere lo sdegno delle persone che si sono anche ovviamente riversate a scrivere sui social – e onestamente non capisco i vari editorialisti che hanno invitato al “silenzio” e hanno criticato l’utilizzo degli stessi per esprimere appunto disperazione, disgusto, come se la gente non avesse il dritto di far sentire la propria voce e la propria rabbia soprattutto – è la presa di coscienza di ciò che già in molti sapevano e che il presidente dell’Osservatorio nazionale Liberalizzazioni e Trasporti e blogger de ilfattoquotidiano.it, Dario Balotta ha scritto egregiamente proprio su questa testata: profitti favolosi per Atlantia, cioè Autostrade per l’Italia mentre gli investimenti sulla rete diminuiscono. 2,4 miliardi di ricavi, una redditività del 50% a fronte di una “bassa qualità delle strutture viarie, scarsi livelli di manutenzione”. E questo nonostante il 90 per cento delle merci viaggi su gomma e l’80 per cento delle persone si sposti in auto. Tutto ciò, tra l’altro, a fronte dei pedaggi più cari d’Europa, come ben sa la gente che viaggia e che si trova a pagare sempre di più una volta arrivata ai caselli, tanto che molte famiglie in difficoltà sono costrette a fare strade secondarie perché non possono permettersi le autostrade.

Questo è il risultato di quelle privatizzazioni che avrebbero dovuto modernizzare l’Italia e che hanno prodotto solo insicurezza e, visto che questo non è il primo crollo e non si tratta delle prime vittime, anche morte. Ripeto, non c’è immagine più emblematica del distacco sociale tra élite che si arricchiscono e il popolo che muore di questa tragedia, distacco che tutti i dati raccontano puntualmente. Poveri sempre più poveri, ricchi sempre più ricchi. Onestamente ho apprezzato la reazione del ministro dei Trasporti Danilo Toninelli e del capo del governo Giuseppe Conte: invito a dimettersi per i vertici di Autostrade, revoca delle concessioni, ritorno allo Stato della gestione di tutto il patrimonio autostradale. Non è detto che ciò sarà possibili visti gli alti costi che una tale revoca avrebbe, e non è detto che la manutenzione dello Stato sarebbe migliore ma almeno risparmieremmo, ma era necessaria una risposta forte. No, purtroppo non basta in questo, come ha scritto ad esempio il direttore di La7 Andrea Salerno su Twitter, che la magistratura faccia il suo corso. Il paese è sotto choc, tutti siamo traumatizzati, ed era necessaria una rottura radicale con il “prima”. 

In termini politici, questa immane tragedia aumenterà il consenso del governo, nato appunto su messaggi di riduzione di privilegi, lotta alla caste e alle élite economiche. Paradossalmente, dopo mesi di confusione, potrebbe essere un’occasione per ritrovare quella identità basata appunto sulla radicale rottura con i governi precedenti, in nome della giustizia sociale. Potrebbe essere, anche, l’occasione per abbandonare il populismo ideologico, segnato dal razzismo verso i poveri migranti e i miserabili, segnato dall’intolleranza verso omosessuali e transgender, per andare a colpire invece i più forti, i veri intoccabili, quelli che governo dopo governo si sono arricchiti e tanto hanno ricevuto dando poco o nulla in cambio. La tragedia di Genova li smaschera, che chi ci governa sfrutti a giovamento del paese questa immensamente tragica “occasione”.

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