Monsignor Nunzio Galantino non è più segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana. Papa Francesco lo ha nominato presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, il dicastero che si occupa soprattutto della gestione degli immobili e che agisce come banca centrale del Vaticano. Una nomina di primissimo piano visto che il 70enne vescovo pugliese lascia la Cei per diventare capo dicastero della Curia romana subentrando al cardinale Domenico Calcagno la cui gestione non è stata lodata, per usare un eufemismo, da Bergoglio nella recente intervista che ha rilasciato alla Reuters.

Proprio parlando dell’Apsa, infatti, il Papa ha sottolineato che “un problema che mi preoccupa tanto è che non c’è chiarezza negli immobili. Ci sono tanti immobili pervenuti per donazione o acquisto. Si deve andare avanti con chiarezza. Questo dipende dall’Apsa”. Bergoglio aveva anche annunciato la nomina dei nuovi vertici dell’organismo “alla fine del mese” aggiungendo: “Sto studiando i candidati con un atteggiamento più rinnovato, serve una persona nuova dopo tanti anni. Calcagno conosce bene il funzionamento, ma forse la mentalità deve essere rinnovata”.

Il presidente della Cei, Gualtiero Bassetti, ha commentato la nomina di Galantino evidenziando che “è un grande atto di stima e di fiducia da parte del Santo Padre. Al nostro segretario generale Papa Francesco affida una responsabilità enorme, in un settore estremamente delicato qual è la gestione del patrimonio economico della Sede Apostolica”. Per il porporato “l’annunzio è motivo per esprimere da subito apprezzamento per quanto nella sua veste di segretario generale ha fatto a servizio della nostra Conferenza Episcopale. Il cammino condiviso mi ha fatto toccare con mano l’intelligenza e lo zelo con cui ha portato avanti iniziative e attività, spendendosi in modo convinto in particolare per mettere a fuoco alcuni criteri essenziali di rigore nell’elargizione di contributi con fondi provenienti dall’8 per mille. In tal modo, abbiamo reso ancora più rigorose le procedure di tale erogazione, secondo la linea auspicata da tutti i vescovi per un’amministrazione dei beni della Chiesa secondo chiarezza e trasparenza”.

Sembrano lontani i tempi in cui, pochi mesi dopo l’elezione al pontificato, Francesco scriveva ai fedeli della diocesi di Cassano allo Jonio, all’epoca guidata da Galantino, per chiedere loro il “permesso” per poter nominare il presule al vertice della segreteria generale della Cei allora presieduta dal cardinale Angelo Bagnasco. Una nomina che era arrivata dopo l’improvvisa e ingiustificata defenestrazione di monsignor Mariano Crociata, spedito da Bergoglio alla guida della diocesi di Latina. In cinque anni tante cose sono cambiate non solo all’interno della Conferenza Episcopale Italiana, da un anno guidata da Bassetti, ma anche nella vita politica del Paese.

Al di là dell’incompatibilità non solo caratteriale tra Bassetti e Galantino, quest’ultimo ha sempre incarnato una Cei fortemente interventista schiaffeggiando spesso la classe politica da lui paragonata a “un puzzle di ambizioni personali all’interno di un piccolo harem di cooptati e furbi. Toni sempre più aggressivi, soprattutto durante le conferenze stampa conclusive dei numerosi Consigli permanenti della Cei che spesso hanno suscitato irritazione, seppure quasi sempre espressa dietro le quinte, dei vescovi italiani. Galantino è sempre andato avanti sereno e forte della fiducia che Francesco non gli ha mai fatto mancare nonostante le critiche, sempre più dure, espresse da diversi cardinali e presuli vicini a Bergoglio.

Indimenticabili i suoi attacchi sulle politiche migratorie e i suoi scontri frontali con l’attuale ministro dell’Interno, Matteo Salvini. “Sull’immigrazione sentiamo affermazioni insulse di piazzisti da quattro soldi che parlano pur di prendere voti, replicò l’allora numero 2 della Cei alle parole del leader leghista che aveva attaccato il Papa per aver definito “un atto di guerra respingere gli immigrati” e aveva accusato la Chiesa di “guadagnarci con i migranti”. Anche in quel caso Salvini non le mandò a dire: “Il signor Galantino, portavoce dei vescovi, pensa che gli italiani debbano accogliere tutti gli immigrati sempre e comunque e i leghisti che non la pensano come lui sono ‘fanfaroni da osteria’. Ma l’Italia è ancora una Repubblica o dipende dal Vaticano? Chiedo a voi amici cattolici, ma questo Galantino ha rotto le scatole?”.

È inevitabile quindi che l’allontanamento di Galantino dalla Cei renderà non poco felice Salvini ora che è al vertice del Viminale e sta attuando la sua dura politica migratoria da sempre contestata apertamente dal presule pugliese. In attesa che il Papa nomini il nuovo segretario della Conferenza Episcopale Italiana, che sarà sicuramente un vescovo molto vicino al cardinale Bassetti, è lecito domandarsi come cambierà ora il rapporto della Cei con il governo Conte. A dir la verità in questo ultimo anno in cui l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve ha preso le redini della Chiesa italiana, lo storico interventismo in politica dei cardinali Camillo Ruini e Angelo Bagnasco è stato rapidamente archiviato. Nella prima assemblea generale della Cei targata Bassetti, nella settimana cruciale per la formazione del governo Conte, il cardinale si è fatto notare per una prolusione abbastanza positiva verso l’esecutivo Lega-5 Stelle che si stava formando: “I vecchi partiti si sono sgretolati. È giunto il momento di cogliere la sfida del nuovo che avanza”.

Parole che sono sembrate un vero e proprio attestato di credibilità per il nuovo governo con toni molto pacati e a dir poco inediti per la Cei. Così come abbastanza soft, qualche settimana dopo la formazione dell’esecutivo guidato da Conte, sono risuonate le affermazione di Bassetti alla Veglia di preghiera per l’Italia promossa dalla Comunità di Sant’Egidio: “In questi mesi, dopo le elezioni politiche, abbiamo vissuto momenti di seria preoccupazione non solo per la composizione del governo che tardava a venire. Oggi, finalmente arrivata, facciamo i migliori auguri di buon lavoro al nuovo governo al servizio del bene comune del Paese”. Ma l’arcivescovo di Perugia aveva anche aggiunto che “non possiamo dimenticare che c’è stato un clima di tensione e attimi di conflittualità che sono emersi dalle viscere profonde del Paese”. Ora è evidente, da parte della Cei, la volontà di porre definitivamente fine a questo clima di conflittualità anche tra la Chiesa e la classe politica. L’uscita di scena di Galantino è un tassello importante in questa direzione.

Twitter: @FrancescoGrana

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