I Cinque Stelle hanno sempre avuto un rapporto conflittuale con la tv: boicottarla o occuparla? Alla fine hanno scelto una terza via, quella di comportarsi come o peggio dei politici che volevano cancellare: dettare le proprie condizioni ai conduttori, pretendere trattamenti di favore e svilire il ruolo dei giornalisti che partecipano a quei talk show che, per quanto criticati e criticabili, sono una parte importante del dibattito pubblico.

Negli ultimi mesi mi è capitato varie volte di dovermi alzare e andarmene da uno studio televisivo perché arrivava il deputato o senatore M5S che, per partecipare, aveva preteso il confronto diretto con il conduttore. Chi conduce è il padrone di casa, vive degli ospiti che intervengono nel suo studio, non può essere troppo ostile, al massimo imparziale e corretto. Morale: anche durante la campagna elettorale e nella lunga trattativa sul governo i Cinque Stelle sono riusciti a evitare, sempre o quasi, di confrontarsi con punti di vista diversi.

Non dico che si siano comportati peggio di altri politici di altri partiti, quando erano abbastanza potenti da poter imporre le proprie regole. Di sicuro non si sono comportati meglio. Quando ho fatto notare la cosa ad Alessandro Di Battista, in un dibattito pubblico, ha detto: “Mi dispiace, non lo sapevo”.

Questa mattina ero a Omnibus su La7 e la conduttrice Gaia Tortora ha chiarito la sua linea verso il nuovo governo: non verranno più accettate le richieste di intervistare i singoli parlamentari dei Cinque Stelle o della Lega in solitaria. Può capitare che un ministro – come usa spesso – intervenga per una intervista individuale sui suoi temi di competenza. Ma chi vuole partecipare al normale dibattito quotidiano sull’azione del governo e sui provvedimenti in discussione deve accettare il confronto. Con gli avversari politici e con i giornalisti.

Se poi i Cinque Stelle decideranno di disertare la tv, come facevano agli inizi, sarà una scelta legittima e probabilmente anche utile in termini di consenso. Ma se scelgono di partecipare ai talk show, è bene che accettino il confronto. Soprattutto ora che sono al governo.

Anche questo sarebbe “cambiamento”. Se continueranno a preferire i monologhi, invece, sarà legittimo sostenere che certe cattive abitudini sopravvivono anche nella Terza Repubblica.

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