La nostra contemporaneità, definita postmoderna, presenta delle caratteristiche del tutto nuove e inimmaginabili fino a pochi anni fa. Non esistono più quelle che i filosofi chiamano le “grandi narrazioni”. Nietzsche ha gettato in mezzo a noi questo concetto come una bomba: “dio è morto”. Questo vuol dire che il mondo Occidentale non ha più stelle polari a cui indirizzarsi per capire come tendere al bene. E’ l’avvento della società liquida descritta da Bauman. Ma la contemporaneità ha imboccato una strada postmoderna nuova.

Dopo un primo periodo, in cui il puzzle delle idee era gettato confusamente e senza direzionalità sul tavolo delle “mille opportunità”, alcuni grandi stravolgimenti sembrano suggerire come il postmoderno stia riuscendo, pur partendo dalla sua frammentarietà, a trovare strade nuove, anche rivoluzionarie. Queste non costituiscono un novello “dio” in senso filosofico (cioè dire dei valori immutabili) ma smentiscono le accuse secondo cui il postmoderno sarebbe solamente un “piano liscio” che nega ogni forma di processo evolutivo e trasformativo della società. Il riferimento è a due temi all’apparenza diversi tra loro; ma entrambi sanno incidere profondamente sulle grandi narrazioni del diritto, pubblico e privato, che hanno retto le nostre istituzioni. Si tratta, da un lato, dei risvolti giuridici della crisi politica italiana e del correlato primo rifiuto del Presidente della Repubblica di ratificare le scelte ministeriali della nuova alleanza di governo; dall’altro dell’avvento, sempre più massiccio, dell’utilizzo della moneta virtuale (i Bitcoin su tutti).

Due temi legati perché direttamente collegati alle grandi discussioni della modernità e del primo Novecento: la democrazia e l’economia, con le rispettive regole di funzionamento. Deve prevalere la rete e il sistema partecipato, tipico della politica e dell’economia nuova, oppure devono avere la meglio i sistemi rigidi e giuridicamente rigorosi, nati nella modernità e consolidatisi nel Novecento? In buona sostanza: è accettabile che la democrazia, come la conoscevamo, sia subordinata al paradigma classico e le cancellerie del vecchio continente possano impedire il formarsi di un Governo voluto dai cittadini, solo perché questo è costituito da politici che hanno idee differenti da quelle dell’establishment? Sul fronte economico-finanziario sta accadendo lo stesso: è corretto bloccare e imbrigliare la nuova forma di moneta virtuale, sostenendo che non sia adeguata alle regole nate per la moneta fisica?

Questo solamente perché la nuova politica vuole mettere il cittadino votante in subordine rispetto alle pretese della classe dirigente e alle sue regole consolidate; così come le transazioni in moneta virtuale rifiutano ontologicamente e geneticamente i parametri legali utilizzati per giudicare quella tradizionale, con la conseguenza giuridica principale di non poter applicare la disciplina antiriciclaggio. Forse il nuovo in politica, così come il Bitcoin, ci stanno traghettando verso un mondo di rapporti politici e scambi neo-economici, senza più le forma politiche e di moneta come le conosciamo oggi: con la conseguenza che faremo carta straccia di tutta la disciplina sul funzionamento della democrazia e sul contrasto al riciclaggio. Quando si vive all’interno di una realtà consolidata, sia essa politica o economica, sembra impossibile capovolgerne i principi senza pensare alla “fine del mondo”.

Siamo al cospetto della questione magistralmente esposta da Thomas Kuhn (autore de La struttura delle rivoluzioni scientifiche): in presenza di un nuovo paradigma, che propone di rivoluzionare quello precedente, vi possono essere due generi di risposte: “fare la guerra” al nuovo, tentando di screditarne i concetti oppure ingabbiandolo all’interno delle regole di quello vecchio; oppure, al contrario, lasciare che la novità si possa esprimere, anche a rischio, che per un periodo di tempo intermedio, i passati criteri di legalità vengano messi a rischio o in congedo.

La nuova forma di politica partecipata sta facendo venire a galla un gravissimo sospetto sulla “purezza” della democrazia, cioè che questa sia “il miglior sistema politico” fino a quando riesce a esprimere ciò che la “grande narrazione” vuole: nel Novecento pretendeva dei soggetti politici che non mettessero a repentaglio lo schieramento occidentale e negli anni Duemila dei soggetti politici che non vadano a intaccare la “divinità finanziaria” del neo capitalismo globale. Basti pensare che il Presidente della Repubblica ha all’inizio bloccato il nuovo Governo per salvaguardare “le tasche” e i risparmi degli italiani (che, nella stragrande maggioranza, volevano la novità negata). Politica e moneta, il tema e la risposta sono le medesime: l’eresia va bandita perché pericolosa per la collettività e il rispetto della legalità, anche quando è votata e desiderata. E, specialmente, quando la legalità portata innanzi come un baluardo salvifico, è in realtà nata e cresciuta in una realtà che non esiste più o che sta per essere soppiantata. Politica ed economia sono i due campi, tra loro legatissimi, in cui i cannoneggiamenti dell’Ancien Régime si fanno più violenti.

A Milano, presso il noto Studio Legale Cappa, si è recentemente svolto un convegno di ottimo livello proprio sulla legalità delle monete virtuali. La voce della Banca d’Italia ha svolto il medesimo ruolo del Capo dello Stato nella recente vicenda politica: la più rigorosa chiusura verso il nuovo, utilizzando, come grimaldello, l’ideale e la grammatica della legge e della legalità (di ieri, del denaro come lo abbiamo sempre conosciuto). Ma il nuovo postmoderno, che sta mostrandosi rivoluzionario, anche contro l’idea classica di un postmoderno come “fine della storia”, ci sta già proiettando nel futuro. Esisterà un mondo senza moneta, dove i “like” della rete si trasformeranno nei Bitcoin per forme di neo-baratto on line dove la moneta virtuale sarà il criterio di valutazione condiviso delle capacità professionali di ciascuno per scambiarle con quelle di altri. Probabilmente andrà rivista l’opera di Marx in senso totalmente nuovo, oggi imprevedibile, se non come fantascienza. Allo stesso modo vanno rivisti i dogmi legali sul funzionamento della democrazia così come ci sono stati tramandati dalla modernità illuminista idealista e novecentesca.

Il nuovo postmoderno ci consentirà di adattarli alla contemporaneità. E’ questa la forza del restyling prospettico della cultura della società liquida: non abbandonare alle biblioteche Marx, Beccaria, la Costituzione, così come tutte le grandi narrazioni, ma portarle nel nuovo, per elaborare idee innovative.

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