Dopo le anticipazioni del Wall Street Journal, la Casa Bianca ha confermato: Donald Trump ha incaricato il segretario al commercio Wilbur Ross di studiare la possibilità di introdurre dazi fino al 25% su auto e componentistica importati negli Stati Uniti. Il Cavallo di Troia per queste misure protezionistiche è lo stesso utilizzato un paio di mesi fa per giustificare provvedimenti analoghi su alluminio e acciaio: quello della “sicurezza nazionale”.

Come previsto dalla Sezione 232 del Trade Expansion act (1962), infatti, il presidente ha la facoltà di introdurre tariffe sui prodotti provenienti da altri paesi qualora li ritenesse una minaccia per la suddetta sicurezza nazionale. Il tutto, senza passare per il Congresso. E’ questa la strada scelta da Trump per difendere l’industria dell’auto nazionale, da lui stesso anticipata con un tweet in cui annunciava l’imminente arrivo di “grosse novità” per i lavoratori americani del settore.

Una strada che, ammessa e non concessa la sua percorribilità, richiederà tempo per essere imboccata. La procedura di legge in questi casi prevede un iter che dura diversi mesi: per giustificare l’applicazione della Sezione 232 dovranno essere prodotti studi dettagliati, al termine dei quali il Dipartimento per il Commercio americano è obbligato a redigere un report.

Ed è anche per questo che alcuni analisti ritengono, per ora, che questa mossa di Trump sia un modo per prendere tempo ed esercitare pressione. Su chi? Beh, la Cina è stata la prima a rispondere alla presa di posizione dell’amministrazione Usa, parlando di “danni per il sistema multilaterale del commercio” e di “reazione” qualora le misure protezionistiche andassero davvero in porto.

Ma a ben vedere non sarebbe il Paese del Dragone, che giusto pochi giorni fa ha deciso invece di abbassare i dazi sull’import di auto, il più colpito. Gli strali di The Donald sono piuttosto diretti al cuore dell’Europa a quattro ruote: la Germania. Dopo quello cinese, il mercato americano è il secondo più grande per le esportazioni di vetture (soprattutto premium) e componenti tedesche. E’ dagli Usa, tanto per essere chiari, che arriva una bella fetta di guadagni per le varie Audi, Bmw, Mercedes.

Non è un caso che la Camera per l’Industria ed il Commercio di Berlino abbia assunto subito una posizione netta e contraria, riportata da Autonews.com: “usare la sicurezza nazionale come una giustificazione (ai dazi, ndr) è una forzatura. Dobbiamo prenderla come una provocazione“, ha dichiarato il presidente Eric Schweitzer. Aggiungendo che l’amministrazione Usa dimentica gli investimenti massicci e la creazione di posti di lavoro in America da parte delle aziende automotive tedesche. E, soprattutto, che misure del genere genererebbero costi addizionali per oltre 6 miliardi di dollari all’anno: ad essere colpiti non sarebbero solo i costruttori teutonici, ma anche i consumatori americani. “Ho sempre più l’impressione che gli Usa non credano più nella competizione per le idee e i clienti, ma solo per i diritti del supposto più forte”, ha concluso Schweitzer.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti

TRUMP POWER

di Furio Colombo 12€ Acquista
Articolo Precedente

La Cina abbassa i dazi sulle importazioni di auto. E gli Stati Uniti ringraziano

next
Articolo Successivo

Telepedaggio europeo, via libera della Commissione Trasporti Ue. Si va verso il dispositivo unico

next