Ancora peggio del previsto. Per me è evidente il marchio della destra peggiore sul programma del Salvimaio. Determinanti appaiono in tale ottica i capitoli su giustizia e immigrazione, i più fortemente ideologici del programma, che vedono il pieno accoglimento delle istanze destrorse da parte di chi da anni ci gonfia gli zebedei con insulsi quanto infondati ritornelli sulla “fine delle ideologie”.

1. Norme sulla legittima difesa e il porto d’armi che puntano a trasformare Roma e Milano nei peggiori quartieri di Los Angeles e Chicago, facendo proprio il verbo di Donald Trump e della National rifles association, secondo il quale la sicurezza si ottiene armando i buoni contro i cattivi e vinca chi spara per primo.

2. Norme sui migranti che prevedono l’inattuabile rimpatrio di 500mila clandestini, la definitiva neutralizzazione dell’operato umanitario delle organizzazioni non governative e (più in generale) sempre minori garanzie per gli “stranieri” per togliere i diritti anche agli italiani purosangue.

3. Qualche limitatissima correzione per reddito ai disoccupati e pensioni, subordinatamente al recupero di risorse allo Stato inesistenti e che potrebbero essere trovate solo con l’introduzione della patrimoniale, il pieno ripristino della progressività fiscale costituzionalmente prevista e una seria lotta all’evasione. Altro che flat tax.

4. Su Europa, debito fuffa e vuoti proclami data l’evidente assenza di una seria strategia di contrapposizione alle élites finanziarie che dominano a Bruxelles. Certamente le ingerenze degli eurocrati vanno sempre e comunque condannate senza riserve, ma l’indignazione a buon mercato dei due compari pare piuttosto furbescamente mirata a ottenere il facile consenso di qualche cretino.

Quasi nulla sul Meridione e sui lavoratori che pure, presi da disperazione e per spernacchiare il calamitoso Matteo Renzi, avevano votato in massa per 5 stelle e Lega. Nulla di serio sulle grandi opere, a partire dalla Tav (anche qui è Salvini che domina), per non parlare di aspetti estremamente inquietanti sul piano istituzionale, come il “comitato di conciliazione” destinato a esautorare gli organi costituzionalmente previsti o la stessa evocazione della figura privatistica del contratto. Sullo sfondo – appollaiato sulla spalla di Salvini – resta Silvio Berlusconi, che vigilerà abilmente a risoluta tutela degli interessi forti di ogni genere e specie. A garanzia che nulla cambi (se non in peggio) per i ceti subalterni di ogni etnia e provenienza. Insomma, un disegno da combattere e da battere.

Non mancano peraltro (come nel caso dell’acqua pubblica) taluni elementi positivi, per la cui concreta attuazione sono necessari la vigilanza del movimento di massa e il reperimento di risorse adeguate. Per far ciò ovviamente è anche indispensabile liquidare i residui putrescenti del renzismo e del gentilonismo, dal sonno della cui ragione e dalle cui imperdonabili malefatte è scaturito il mostruoso Salvimaio.

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