Una nuova inchiesta per corruzione internazionale coinvolge l’Eni. Dopo quelle sui giacimenti in Nigeria (per la quale sono a processo l’attuale ad Claudio Descalzi e l’ex numero uno Paolo Scaroni) e sugli appalti Saipem in Algeria stavolta sotto la lente della procura di Milano ci sono alcune concessioni petrolifere in Congo. Secondo il Corriere della Sera, che dà notizia della nuova indagine, i pm Sergio Spadaro e Paolo Storari ritengono che il Cane a sei zampe per ottenere il rinnovo dei diritti di sfruttamento abbia accettato di coinvolgere nei lavori società congolesi indicate dal governo per almeno il 10% del valore dei contratti, stimati in 350 milioni. Di quel 10% avrebbero beneficiato esponenti governativi attraverso partecipazioni occulte in società schermo tra cui la Africa Oil and gas corporation di Denis Gokana, consigliere speciale del presidente Sassou Nguesso.

Ma soprattutto, sottolinea il quotidiano milanese, parte della tangente sarebbe andata a vantaggio di un alto dirigente del gruppo, Roberto Casula, attuale capo delle attività di esplorazione e produzione: uno dei sei manager operativi a diretto riporto dell’amministratore delegato. A Casula i pm sono convinti di poter ricondurre la Wnr-World Natural Resources, società di diritto britannico alla quale nel biennio 2013-2015 la Africa Oil and gas corporation cedette il 23% dei diritti di esplorazione. La Aogc è ritenuta a sua volta lo schermo di pubblici ufficiali congolesi, tramite per ricevere tangenti.

Il legame tra Casula e la Wnr è rappresentato, secondo la Procura che giovedì ha inviato militari della Guardia di Finanza a eseguire perquisizioni a Milano, Roma e Montecarlo, da Maria Paduano, un’altra dirigente Eni, che nel giugno 2017 cedette a Casula un preliminare di acquisto per una casa a Roma in seguito comprata dal Chief development – operations & technology officer per 1,15 milioni di euro.

Il 6 luglio 2017, ricorda il quotidiano di via Solferino, nella semestrale Eni aveva rassicurato circa l’avvio di accertamenti dei pm su “accordi di Eni Congo nel 2013-2015 con il Ministero degli Idrocarburi” e sulle “modalità con cui erano state individuate le imprese in partnership”.

Oltre a Roberto Casula sono indagati, scrive il sito de L’Espresso in un’anticipazione del numero che sarà in edicola domenica, anche l’uomo d’affari britannico residente a Montecarlo Alexander Haly, Andrea Pulcini, manager italiano che dal 1994 al 2005 è stato dirigente dell’Agip a Londra ed è tuttora registrato come procuratore dell’Eni, sua moglie e Maria Paduano, moglie – scrive L’Espresso – di Domenico Bellantone, “un importante ambasciatore italiano che dal 2013 è il capo della segreteria particolare dei nostri vice-ministri degli Esteri”. Lo stesso Cane a sei zampe risulta poi indagato in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti. L’inchiesta de L’Espresso rivela anche che l’economista Luigi Zingales si dimise dal consiglio di amministrazione Eni, nel 2015, dopo essersi scontrato personalmente con Descalzi proprio sugli affari con la Aogc in Congo.

Eni ha diffuso una nota in cui “conferma di aver ricevuto ieri dalla Procura di Milano una richiesta di consegna di documenti in relazione ad alcune attività svolte in Congo nel 2009 e nel 2014. La richiesta fa seguito ad altre due precedenti ricevute nel 2017 di cui la società aveva già dato notizia nella propria informativa finanziaria. La società ha già provveduto alla consegna della documentazione richiesta. La società conferma inoltre che contestualmente si sono svolte operazioni di perquisizione presso gli uffici di due persone di Eni”. Il gruppo “dichiara la propria totale estraneità da presunte condotte illecite in relazione alle operazioni oggetto di indagine, operando nel pieno rispetto delle leggi stabilite da Stati sovrani, e continuerà a fornire la propria collaborazione alla magistratura affinché possa essere fatta la massima chiarezza sulla vicenda. Eni tiene infine a precisare di non avere avuto alcun rapporto con la società WNR – World Natural Resources”.

AGGIORNAMENTO

l’Ing. Roberto Casula è stato assolto con sentenza passata in giudicato nel processo c.d. OLP 245 e la sua posizione è stata archiviata per quel che riguarda il reato di corruzione internazionale per la c.d. vicenda congolese.

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