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Saipem, Eni e Cassa depositi e prestiti indicano Francesco Caio per la presidenza. Ignorato l’altolà di Buffagni (M5S)

Il deputato Stefano Buffagni aveva chiesto al governo uscente di non "rinnovare in solitaria chi ha reso l'azienda protagonista di vicende ancora da chiarire". I consiglieri delle fondazioni bancarie si sono però astenuti
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Il giorno dopo l’altolà del deputato M5s Stefano Buffagni, che aveva chiesto al governo uscente di non “rinnovare in solitaria chi ha reso Saipem protagonista di vicende ancora da chiarire”, Eni e Cassa depositi e prestiti vanno avanti dritte. E in vista dell’assemblea del 3 maggio indicano, per la presidenza della società di ingegneria per il settore petrolifero controllata dal Tesoro tramite Cdp, proprio il nome di Francesco Caio, ex numero uno di Poste, definito da Buffagni “manager ingombrante per un’azienda che ha necessità di un rilancio e che si troverebbe in grosse difficoltà di governance con, a quel punto, due amministratori delegati al netto delle reali deleghe e non un ad ed un presidente”. I consiglieri espressi dalle fondazioni bancarie si sono però astenuti.

“A pagarne il conto sarebbero un’altra volta i cittadini e le nostre aziende di Stato”, aveva avvertito Buffagni. Solo un mese fa la Consob aveva contestato i conti del 2015 trovando “errori rilevanti” (circa 1,3 miliardi) nelle svalutazioni. E il bilancio 2015 è proprio quello sulla base del quale sono stati fatti gli accordi con cui Eni ha ceduto alla Cassa il 12,5% di Saipem per oltre 900 milioni. Oggi la partecipazione ne vale 600 in meno. I ricavi, calati l’anno scorso di quasi il 10% a 8,9 miliardi, sono previsti in ulteriore calo quest’anno.

Accanto a Caio viene confermato l’attuale numero uno Stefano Cao. A Caio e Cao si affiancano Maria Elena Cappello, riconfermata insieme a Leone Pattofatto, oltre a Paolo Fumagalli e Claudia Carloni, entrambi di nuova nomina. Il risultato è frutto dell’accordo raggiunto tra i consiglieri della Cdp e quelli di Eni, titolare del 30,54% per conto del Tesoro, in base a quanto stabilito dal patto di sindacato in vigore dell’ottobre del 2015. Ma la decisione non sarebbe avvenuta con l’unanimità dei consiglieri, due dei quali astenuti e uno assente.

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