Una storia raccontata dall’interno, senza interferenze mediatiche, per cercare di spiegare le energie e le motivazioni culturali e politiche che si muovono all’interno delle curve. Si tratta di @Ultras. Parole e suoni dalle curve, a cura di Domenico Mungo e Giuseppe Ranieri (Il Galeone Edizioni).

In verità non una storia, ma più storie, firmate, oltre che dai due curatori, da Enrico Astolfi, Nicolò Rondinelli, Juri Di Molfetta, Francesco Berlingieri, Marco De Rose, Giuseppe Milazzo, Gian Luca Campagna, Stefano Tumolo e Filippo Andreani, ognuna diversa per stile e forma – si va dalla saggistica alla narrativa – che tessono una tela unitaria per provare ad analizzare trasformazioni, entusiasmi, rivendicazioni del panorama ultras.

La forza dei testi, dal mio punto di vista, sta nel non cercare mai facili giustificazioni nei comportamenti dei protagonisti che li animano. La parola “vittimismo” è bandita dal libro. Come scrive Domenico Mungo: “La repressione degli ultras nella società contemporanea è la risposta errata dello Stato a un disagio collettivo che ha avuto origine da una deriva sostanziale degli ideali, da un disorientamento complessivo di masse trasversali di giovani che non trovano di meglio che identificarsi con una maglia e una squadra, e ciò denuncia che probabilmente ci sono anomalie in altri settori della società (mancanza di valori ideali, esigenza di affermarsi attraverso identità fideistiche e violente) che scoprono altresì il nervo della debolezza congenita del sistema capitalistico planetario: parafrasando Montesquieu, quando uno stato tende a utilizzare leggi ingiuste per cauterizzare ed isolare la libera espressione del dissenso, è l’inizio di una deriva autoritaria”.

È un libro sulle origini del tifo, sui suoi sviluppi, sulle componenti sociali e politiche delle varie realtà delle tifoserie. Non solo serie A, non solo club blasonati, ma anche periferie, province, miti di paese. Ragazzi che guardano al modello inglese o a quello delle fabbriche dei padri. Uomini e donne che si appassionano a un credo, alle ingiustizie, che a volte commettono, o cercano di veicolare un messaggio dove gli è più consono, rivendicando, a loro modo, l’essere diversi rispetto all’omologazione. È un libro di preparativi, di trasferte, e di partite viste da spettatori e protagonisti: dodicesimo uomo in campo.

@Ultras. Parole e suoni dalle curve, nella sua continua oscillazione tra il new journalism, il racconto e l’antropologia contemporanea, riesce a creare un ritmo appassionante. Si rivive la curva, le curve. La vita, insomma, con i suoi lati positivi e negativi, contro l’appiattimento della comodità televisiva, capace di annullare ogni passione genuina, qualsiasi spirito di appartenenza. Come scrive Valerio Marchi in un’epigrafe: “La dimensione televisiva ti priva di quel senso di protagonismo che soltanto lo stadio, in particolare la curva, ti regala. Te ne stai lì, davanti allo schermo, a trepidare inutilmente. Gli echi delle tue urla sono destinati a spegnersi nella stanza, senza unirsi a quelli di altre decine di migliaia di voci che a pochi o a centinaia di chilometri di distanza galvanizzano i propri ragazzi e annichiliscono gli avversari”.

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