#diversodachi

Per il bipede attivo uscire per la prima volta con una persona – sia per un incontro galante che in amicizia o per lavoro – è semplice e scontata, mentre per il francesino è complicata e a prezzo maggiorato: perdiamo il pelo, ma non il vizio di aver tutto più complicato – a eccezione della coda in posta.

Prendiamo in considerazione l’uscita più interessante, quella galante. Per il bipede attivo, infatti, una volta “conquistato” l’appuntamento, si decide orario e luogo di ritrovo, ed è fatta: l’unica preoccupazione sarà solo quella di fare colpo, e non è poco. Il discorso cambia invece se c’è in gioco il francesino, perché la sua preoccupazione non sarà solo quella di fare colpo, ma sarà anche la sua dipendenza fisica dalla fanciulla per tutto l’arco dell’uscita. Dovrà intuire che tipo di aiutante sarà (e su questo potrei scrivere un trattato di psicologia); dovrà pensare al tragitto, perché i marciapiedi non sono poi tanto amici delle carrozzine; il locale non dovrà essere troppo inaccessibile: un gradino è tollerato, altrimenti sei out (nel senso che resti fuori da qualsiasi locale). E in tutto questo deve saper spiegare bene le proprie necessità, se vuole uscire e soprattutto se vuole tornare vivo.

Perché poi succede di uscire con una graziosa biondina, della cui beltà sei talmente preso che dimentichi di comunicarle: “Non salire su quel marciapiede”, perché pieno di buchi. Lei ovviamente sul groviera ci sale e mentre stai per dire: “Attenta a quel buco!”, nel buco ti trovi già dentro. Della testa perdi il controllo, che dal poggiatesta rischia di uscire e della decapitazione farti vittima, questo mentre la fanciulla rischia l’infarto: “Stavo per uccidere un disabile!”.

Sani e salvi – cioè, io sano per modo di dire – proseguiamo scansando i buchi in una sorta di slalom speciale, tanto da far impallidire Alberto Tomba, e “conquistiamo” il locale, con la stessa fatica con cui Messner raggiunge una vetta. Per non essere out, ho optato per un locale con un piccolo gradino all’ingresso: allora spiego alla biondina – che per essere bionda capiva – come affrontarlo: “Dovresti mettere un piede sul tubolare di fianco a una delle ruote posteriori, spingere in maniera tale da far leva e impennare la carrozzina”, a dimostrazione di quanto sia difficile spiegare. Voi lettori, appena possibile fermate un disabile come me e anche contro il suo volere (tanto non può difendersi) mettete in pratica la spiegazione: poi ditemi se è chiara, grazie.

Finalmente entriamo nel locale, dove la missione sarà individuare il tavolo più comodo: indovinate? Non è così facile come sembra: si spostano sedie, tavoli, umani che scusandosi si alzano per farti passare, camerieri in equilibrio con le portate in mano che terrorizzati pensano: “No, il disabile no!”. Ma dopo un’estenuante ricerca e tre tavoli scartati, ecco quello giusto.

E non è mica finita qui, perché se il tavolo ha le gambe al centro è necessario togliere i pedali della carrozzina per poter entrare più sotto. Quindi segue spiegazione, la fanciulla si abbassa e tu – che sei sempre un esemplare del sesso stupido – ne approfitti per sbirciare la scollatura: ammetto, in queste circostanze mi sento sempre un’apprendista verme. Messaggio per le future fanciulle che volessero uscire con me, temo nessuna dopo questa confessione: sappiate che faccio così solo con le altre, non con voi.

Allora, la donzella – illusa – fa per sedersi, ma devo bloccarla perché è inverno: devo togliere sciarpa e cappello… e copertina (che fa tanto anziano, ma sono disabile). “C’è dell’altro, signore?”, mi chiede ironicamente mentre si siede, purtroppo alla mia destra, lato a me scomodo per girare la testa. Così, con un sorriso beffardo, rispondo: “Si, non è che ti potresti mettere alla mia sinistra perché…?”. Mi guarda, io ricambio dolcemente il suo sguardo, cambia posto ed esclama: “Ora mi siedo!”. Così aspetto che si sistemi e siccome sono molto simpatico le dico: “E se cambiassimo locale? Non mi piace tanto questo”, a quel punto mi manda simpaticamente a quel paese… almeno credo.

Comunque se la bellezza in questione intende uscire di nuovo, è fatta: dopo tutto questo, non può altro che essere innamorata. Perché l’amore è cieco, quindi disabile.

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