La riduzione del costo del lavoro stabile “di un punto all’anno per 4 anni”. Un salario minimo legale per tutelare “i giovani che la sera consegnano pizze a 5 euro l’ora”. “Buonuscita compensatoria” per chi ha un contratto precario e non viene confermato. Una detrazione fiscale di 150 euro al mese “a beneficio di tutti gli under 30 con un reddito fino a 30mila euro e un contratto d’affitto sulle spalle”. E ancora: “240 euro di detrazione Irpef mensile per i figli a carico fino a 18 anni e 80 euro per i figli fino a 26 anni”. Non solo: in arrivo anche un “sostegno economico alle madri che vogliono tornare subito al lavoro”. Sono le promesse elettorali del Pd, distillato del programma di 42 pagine presentato venerdì da Matteo Renzi. Sul fronte del debito pubblico viene confermato l’impegno di ridurlo addirittura al 100% del pil in dieci anni per “rassicurare i mercati”, ma stranamente non si fa cenno al piano di “dismissioni patrimoniali (mobiliari e immobiliari) capace di assicurare lungo i 10 anni una cifra compresa tra il 2% e il 4% del pil” che era stato preannunciato su Il Foglio da Tommaso Nannicini. Dunque il debito/pil dovrebbe crollare solo per effetto della crescita accompagnata dal “ritorno dell’inflazione al livello previsto dal mandato della Bce“, il 2%, “ed evitando ulteriori dosi di austerità”.

Ad aprire il programma c’è l’annuncio di “più lavoro e più qualità del lavoro”. Dopo il Jobs Act “rimangono molti nodi irrisolti, che saranno il cuore della nostra azione di governo nei prossimi cinque anni”, si legge. Ed ecco la promessa, già arrivata da Renzi nelle scorse settimane, di un “salario minimo fissato per legge”. “Un diritto in più, stipendi più alti”, è lo slogan. Segue excusatio: “Non è il grimaldello per scardinare il contratto nazionale, che sarà rafforzato nel suo ruolo di ulteriore garanzia da una legge sulla rappresentanza, ma la forma di tutela per i giovani che la sera consegnano pizze a 5 euro l’ora”. Il salario minimo legale “è anche l’unico modo in cui si risolve il problema dei lavoratori distaccati, i dipendenti di aziende straniere che lavorano in Italia”.

Resta da affrontare il problema della costante crescita del precariato, a dispetto degli incentivi alle assunzioni stabili che si sono appena esauriti. Per questo “vogliamo ridurre il costo del lavoro per il tempo indeterminato a tutele crescenti di un punto all’anno per 4 anni, in modo che alla fine della prossima legislatura il costo dei contributi sia al 29% rispetto al 33% di oggi. La riduzione del cuneo contributivo sarà fiscalizzata per salvaguardare le pensioni future”. Inoltre il Pd è arrivato alla conclusione che “è giusto che il lavoro temporaneo, se viene usato in maniera reiterata, costi di più”. Per questo “proponiamo di introdurre una buonuscita compensatoria, come avviene in altri paesi europei, che l’impresa dovrà pagare a un lavoratore che non viene stabilizzato, in maniera proporzionale alla durata cumulata dei contratti temporanei che ha avuto”.

Sul fronte famiglie, la proposta è “240 euro di detrazione Irpef mensile per i figli a carico fino a 18 anni e 80 euro per i figli fino a 26 anni. Per tutti i tipi di lavoro e per tutte le fasce di reddito, da zero fino a 100mila euro all’anno“. Costo, 9 miliardi. Gli assegni e gli altri strumenti di sostegno esistenti verrebbero eliminati, ma “ci sarà comunque una clausola di salvaguardia per cui nessuno potrà ricevere meno dell’attuale sistema di assegni e detrazioni”. Per esempio, “una famiglia con un solo reddito da lavoro dipendente di 35mila euro all’anno e con due figli a carico minorenni avrà 1.400 euro di reddito disponibile in più”.

E ancora: “Offriremo un sostegno economico alle madri che vogliono tornare subito al lavoro. Oggi le mamme, dopo la fine della maternità obbligatoria, possono restare a casa con una retribuzione pari al 30% dello stipendio per 6 mesi. Questo beneficio spetterà, sotto forma di buono per le spese di cura, anche alle donne che tornano a lavorare. Con un costo di 600 milioni di euro”. Previste anche l’estensione a 10 giorni del congedo obbligatorio per i padri e la copertura dei costi dei servizi di cura nei primi anni di vita dei bambini “istituendo un unico strumento di durata triennale di 400 euro al mese per ogni figlio fino ai 3 anni, che possa essere speso per la retta dell’asilo nido“, ammesso che si trovi posto, “o per il rimborso delle spese di baby sitter. Il tutto, “riaccorpando gli strumenti oggi esistenti, per un costo di 1,1 miliardi”.

Sul fisco, la parola d’ordine è “ridurre il numero di adempimenti fiscali al minimo indispensabile, allineandoli con quelli che la gestione del bilancio familiare o aziendale chiede a ogni buon padre o madre di famiglia”. La ricetta? “Accorpare 20 prelievi, dei 90 attuali, in imposte esistenti, perché le tasse oggi non sono troppe solo per importo ma anche per numero”, “regolare la produzione delle norme tributarie, concentrandole in un atto annuale”, “riformare la giustizia tributaria, oggi intasata di ricorsi”. I dem rivendicano poi “la cifra record di risorse recuperate nel 2017” dalla lotta all’evasione, “pari a quasi 25,8 miliardi (di cui 5,7 da riscossione di contributi, tributi locali ed entrate di enti vari)” – ma 6,5 miliardi derivano dalla rottamazione delle cartelle – e ritengono che “un obiettivo credibile per la prossima legislatura è quello di raggiungere i 30 miliardi”. I “risultati di questi anni”, si legge, “confermano che l’incrocio delle banche dati e l’innovazione tecnologica possono fare molto di più di un approccio muscolare e scenico valido solo per qualche servizio ai telegiornali”.

Nessun cenno al fatto che l’Agenzia delle Entrate non ha mai elaborato le previste liste selettive di contribuenti a maggior rischio di evasione da sottoporre a controlli, come evidenziato dalla Corte dei conti. Con il risultato che l’Anagrafe dei rapporti finanziari, costata 10 milioni di euro, resta inutilizzata.

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