Nel gennaio 2010 per ribaltare il tavolo non resta che rispolverare vecchie promesse: una riforma tributaria come quella immaginata nel ’94, con due sole aliquote. Un sistema “che non obblighi i contribuenti a rivolgersi al commercialista“. Ma il primo consiglio dei ministri dell’anno è una doccia (gelida) di realtà: “L’attuale situazione di crisi non permette nessuna possibilità di riduzione delle imposte. E’ fuori discussione poter pensare a un taglio”, ammette il capo del governo. E’ lo showdown. Tremonti cerca di metterci una pezza promettendo una riforma fiscale complessiva entro il 2013. A patto che il pil inizi “ad avere andamenti stabili sul 2%”. Purtroppo non succederà. A maggio “il rigore dei conti” è la “priorità assoluta”. La manovra estiva del 2010, che introduce tra l’altro la tassa di soggiorno, non basta. L’Ocse segnala che l’Italia è salita al terzo posto tra i Paesi industrializzati per peso del fisco.

Alle amministrative del 2011 il centrodestra perde Milano, nonostante le promesse di “una metropoli con meno tasse per tutti”. Tremonti avverte che la riforma fiscale non si può fare in deficit ma Berlusconi non molla: “Tre sole aliquote, più basse, un sistema di detrazioni e deduzioni snello e trasparente e in tutto 5 imposte raggruppando le attuali”, promette a giugno, dimezzando il totale delle tasse rispetto a quanto promesso nel 1994. Ma la Ue incalza sul pareggio di bilancio e la riduzione del debito pubblico. Ad agosto il governo approva una manovra che taglia i fondi agli enti locali, aumenta le accise sul tabacco e la Robin Hood tax sul settore energetico ma soprattutto introduce un contributo di solidarietà a carico di dipendenti, autonomi e pensionati con redditi alti. “Il nostro cuore gronda sangue, era un vanto del governo non avere mai messo le mani nelle tasche degli italiani ma la situazione mondiale è cambiata”, lacrima Silvio. Le opposizioni insorgono. Per mettere a posto i conti si parla di un nuovo condono o in alternativa di una patrimoniale, la nemesi del berlusconismo. Nel novembre 2011 lo spread arriva a 574 punti. Lo Stato italiano rischia il crac. La sera del 12 novembre 2011 Berlusconi sale al Quirinale e dà le dimissioni. La pressione fiscale, comunica l’Ocse, è al 43%. Contro il 38,7% del 1994.

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