“Andare verso una sola aliquota Irpef non superiore al 30%“, ridurre le aliquote Iva a due e “le attuali 200 tasse a non più di 10″. Febbraio 1994, La neonata Forza Italia presenta il suo programma elettorale in 45 punti e sul fronte fiscale le idee sono chiarissime: meno tasse per tutti. Il Polo delle libertà vince le elezioni e in primavera il patron di Fininvest Silvio Berlusconi forma il suo primo governo. Antonio Martino, che l’ex Cavaliere identifica come l’ispiratore della flat tax, finisce però al ministero degli Esteri, mentre all’Economia approda Giulio Tremonti. Dell’aliquota unica si perdono le tracce. “Gli alleati non ci consentirono di realizzarla”, spiegherà ex post Berlusconi. Il quale, varando la sua prima finanziaria, si limita a rivendicare: ”Non ci saranno nuove imposte, tasse o aumenti di aliquote”. Del resto il grosso delle maggiori entrate è atteso dal “concordato di massa“, monstrum che comprende un maxi condono edilizio e una sanatoria fiscale su imposte dirette e Iva per il periodo 1989-1993. Nel dicembre 1994 arrivano le dimissioni, dopo l’invito a comparire notificato all’allora premier durante il G7 di Napoli e il passaggio della Lega all’opposizione in polemica con la riforma delle pensioni proposta dall’esecutivo.

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