Basterà una nuova commessa Fiat a salvare Termini Imerese? Al di là dell’apparente paradosso, il dubbio è più che legittimo, mentre si avvicina la prova del nove al ministero dello Sviluppo economico in calendario per la seconda metà di gennaio dove non si potrà ignorare che l’altra commessa considerata chiave per rimettere in moto l’ex fabbrica Fiat, quella delle Poste, non è scontata. Eppure per sostenerla sono già stati anticipati più di 20 milioni di euro di denaro pubblico. Insomma sei anni, otto contando anche il preavviso, non sono bastati a Roma per trovare una soluzione di fatto, oltre che di nome, per l’impianto che l’attuale Fca ha fermato nel dicembre 2011, due anni dopo averlo annunciato. I pretendenti alla successione com’è noto sono caduti uno via l’altro in scia alle inchieste giudiziarie.

LA CACCIA DI RENZI ALLA SOLUZIONE PER LE 3 T – E così a fine 2014, nella desolazione più totale di un governo a caccia di soluzioni per le famose tre T del premier del momento, Matteo Renzi (Termini appunto oltre a Taranto e Terni), le strade del ministero dello Sviluppo economico si sono incrociate con quelle di Metec, un fornitore della Fiat che stava cercando un impianto per espandersi ma non aveva certo in mente di imbarcarsi in un’avventura complessa come quella siciliana. L’occasione di chiudere il caso con un notevole impatto mediatico, dev’essere stata troppo ghiotta per l’esecutivo che non se l’è lasciata sfuggire. Peccato però che a distanza di tre anni il piano industriale dei nuovi padroni dell’impianto ex Fiat fortemente voluti, tra gli altri, dall’ex viceministro Claudio De Vincenti a fine 2014 stia mettendo a nudo tutte le sue debolezze.

I BUCHI VENGONO A GALLA – Prima fra tutte un clamoroso ritardo sul cronoprogramma che rischia di sovrapporre il vuoto alla fine degli ammortizzatori sociali. Non aiuta certo che le declamate commesse, che avrebbero dovuto riaprire i cancelli per tutti, si stiano rivelando niente affatto scontate: delle due che sembravano solo da formalizzare, soltanto quella di Fca è in arrivo a breve, ma circa sei mesi dopo il previsto. Mentre per gli scooter di Poste ne deve passare ancora di acqua sotto i ponti. Intanto il conto delle bollette e soprattutto delle tasse da pagare sta lievitando, mentre il momento di fare chiarezza sull’utilizzo che è stato fatto degli anticipi di denaro pubblico non è più rinviabile.

E IL TEMPO STRINGE – Una situazione quanto meno imbarazzante per un apparato statale che negli anni ha cercato di minimizzare il caso della fabbrica siciliana che fu della Fiat, estraendo dal cilindro, insieme al denaro pubblico, un buco nell’acqua di volta in volta più profondo dell’altro. E che ora, a ridosso delle elezioni, non ha più tempo per stracciarsi le vesti e riconoscere una volta per tutte almeno due dati di fatto. Innanzitutto che le difficoltà per cui Torino ha chiuso legalmente i cancelli di Termini Imerese a fine 2011 sono state sottovalutate. In secondo luogo e di conseguenza, che il problema è stato affrontato in modo superficiale con soluzioni fini a se stesse.

IL COSTO DEGLI ERRORI DEL PASSATO – Come la cassa integrazione rinnovata puntalmente ogni anno dai governi Monti, Letta, Renzi e Gentiloni che scadrà a fine 2019 e che secondo i calcoli del Sole 24 Ore della scorsa primavera, è già costata almeno 400 milioni di euro per i circa 700 ex dipendenti Fiat. Per tacere del tempo e del denaro andati nella ricerca dei candidati al rilancio che sono tramontati uno via l’altro sotto il peso delle inchieste giudiziarie. Fino a quando a dicembre 2014 l’impianto è stato praticamente affibbiato ai torinesi di Blutec che forse avevano dei progetti di espansione meno ambiziosi, ma hanno comunque accettato la sfida e perfino riaperto la fabbrica dopo quasi cinque anni di chiusura. Inseguendo un piano incentrato su due direttive: la componentistica auto e l’elettrico.

ENTRO GENNAIO I CONTI SUGLI AIUTI PUBBLICI – La prima ha già beneficiato di aiuti pubblici, incluso l’anticipo di circa 20 milioni di euro di fondi regionali vincolati a precisi investimenti industriali ed erogati nel 2016 tramite Invitalia, la società pubblica che nella partita gioca da consulente del ministero dello Sviluppo e che entro fine mese dovrà verificare se e come è stato investito il denaro. In pratica Blutec dovrà dimostrare di aver speso i soldi come previsto. Pena il contenzioso. Eventualità che nessuno si augura. Governo, quindi pure Invitalia, in primis.

LA RIOCCUPAZIONE E’ IN RITARDO SUL RITARDO – Ma sarà difficile ignorare i nodi che stanno venendo al pettine. Innanzitutto sul fronte occupazionale. A fine luglio, nel quadro di un aggiornamento al ministero del suo piano di reindustrializzazione, Blutec aveva annunciato l’intenzione di assorbire, oltre agli allora 123 impiegati, altri 127 lavoratori entro fine 2017 e poi ancora cento entro aprile 2018. Già un bel passo indietro rispetto al piano originario che prevedeva il rientro in fabbrica di 400 lavoratori entro il 2017, con l’obiettivo di riassorbire tutta la forza lavoro per fine 2018. Ma neanche questa promessa è stata mantenuta. “Al momento sono stati assorbiti fra i 150 e i 180 lavoratori nell’ambito di percorsi di formazione. La produzione non è mai partita”, spiega a ilfattoquotidiano.it il sindaco di Termini Imerese Francesco Giunta.

POSTE NON ASSEGNA COMMESSE SENZA GARA – Il peggio è che il futuro non è per niente scontato. Per ripartire Blutec, che interpellata in merito da ilfattoquotidiano.it non ha voluto rilasciare commenti, conta infatti su due commesse importanti: una dalla Fca per l’elettrificazione di 1800 Doblò l’anno per quattro anni, tenendo conto per avere un’idea delle grandezze in gioco, che il mercato italiano dell’elettrico nel 2017 ha registrato l’immatricolazione di cirrca 1400 pezzi. L’altra commesse è attesa dalle Poste per i motori di settemila motocicli a tre ruote. Se però gli accordi con la Fiat sono imminenti, come riferito da Repubblica nei giorni scorsi, meno scontati sono quelli della società di spedizioni. Interpellato in merito da ilfattoquotidiano.it il gruppo pubblico spiega come al momento “nessuna commessa è stata affidata alla Blutec” e l’intenzione è di procedere all’assegnazione dell’ordine “solo attraverso una regolare gara nella più totale trasparenza”. Nulla di scontato, dunque. E soprattutto niente di immediato.

CI SONO ANCORA LE TASSE DA PAGARE – Certe invece sono le grane del passato. L’azienda deve 2 milioni di euro al comune di Termini Imerese tra Imu, Tasi e Tari nel biennio 2015-2016. Il sindaco Giunta ha chiesto all’agente Riscossione Sicilia di procedere contro l’azienda perchè la cifra è decisamente elevata per le casse del piccolo comune siciliano. Intanto le bollette lievitano e i debiti non mancano (14 milioni nel 2015, ultimo bilancio disponibile). Così se le commesse non arriveranno a tempo debito e la produzione non ripartirà velocemente, la situazione inevitabilmente si complicherà. E, a quel punto, a Roberto Ginatta, proprietario della controllante, la società di componentistica auto Metec, nonché socio in affari di Andrea Agnelli, non resterà che tirar fuori la bacchetta magica. A meno che non lo facciano per lui i suoi sponsor pubblici.

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