Ad agosto era già stato arrestato per maltrattamenti nei confronti della sua ex compagna. Oggi la Digos e la Dda gli hanno contestano di “volersi immolare” per l’Isis. Per questo motivo il gip del tribunale di Genova, Nadia Magrini, ha emesso una ordinanza di custodia in carcere per Nabil Benhamir, marocchino di 39 anni. Secondo l’accusa, Benhamir sarebbe un “esponente di rilievo” dell’Isis, ritornato in Europa “con l’obiettivo di addestrare altri membri dello Stato Islamico alla fabbricazione e all’utilizzo di esplosivi“.

Nell’ordinanza il giudice scrive che l’uomo aveva ricevuto la “chiamata” ed era in attesa di ricevere istruzioni per azioni operative da compiere.  “Nabil – si legge nelle carte – scrive alla ‘sorella Farah’: Ha chiamato il chiamante… devo andare al lavoro… Parliamo un’altra volta. Inshallah, che Dio allunghi la mia età e il mio destino. Prega per me per la Shahada e che accetti il mio lavoro…”. Nell’ordinanza il gip sottolinea “l’elevato grado di pericolo in relazione ai contatti con soggetti verosimilmente disponibili alla realizzazione di attentati e allo scambio con gli stessi di informazioni su come realizzare ordigni esplosivi”. Secondo il giudice, tra l’altro, c’era il rischio che Benhamir fuggiste. “Sussiste altresì il pericolo di fuga – annota nelle carte il gip Magrini – L’indagato è soggetto non stabilmente radicato sul territorio essendo privo di significativi legami affettivi o di legami lavorativi o familiari. Si muoveva con disinvoltura in Europa, viveva in Germania e Olanda, e verosimilmente dispone di contatti in Marocco ove potrebbe riparare nel timore di una ulteriore condanna”. Il bello è che il suo nome potrebbe anche essere falso: “Si sottolinea che le esatte generalità di Nabil Benamir sono ancora sconosciute, vanta numerosi alias in ragione dei differenti nomi forniti alla polizia giudiziaria in occasione dei controlli a cui è stato sottoposto”.

Il provvedimento della magistratura ligure arriva dopo l’analisi della memoria dello smartphone e dei dati di Benamir sui social network che hanno confermato le iniziali acquisizioni di intelligence ed evidenziato l’elevato livello di pericolosità del 39enne. Insieme a istruzioni per azionare ordigni esplosivi con vecchi cellulari, uno dei quali in suo possesso, sono stati infatti trovati video di azioni suicide e testamenti di attentatori prima di immolarsi, oltre a tracce di comunicazioni effettuate tramite WhatsApp che lasciano supporre l’esistenza di un ‘mandato’ che l’indagato avrebbe dovuto assolvere in Italia. “La circostanza del possesso da parte dell’indagato – scrive il gip – di un cellulare di vecchia tecnologia (Nokia 3410) fra quelli sequestrati, permette di ipotizzare seriamente che le istruzioni sull’uso quale mezzo per l’innesco di ordigni, acquisite mediante Telegram, servissero all’indagato per adattare il congegno per il predetto futuro impiego criminale, ovvero per condividere il know-how con terzi interessati alla soluzione tecnica”. Benhamir faceva parte di gruppi chiusi su WhatsApp e Telegram, in cui condivideva materiale di propaganda per Daesh: uno di questi gruppi si chiama “I Lupi Solitari” ed è di soli 8 membri.

L’individuazione e l’arresto di Nabil Benamir sono il risultato del lavoro congiunto dell’Aisi, della polizia olandese, di Europol e dell’Fbi. L’indagine è partita nel giugno scorso, quando i nostri servizi di sicurezza acquisirono informazioni su Benamir, allora sconosciuto all’Antiterrorismo. Poi l’opeazione è passata alla dda di Genova, coordinata dalla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo, ed è culminata proprio con l’arresto dell’uomo di origine marocchina.

Due giorni fa, per motivi di sicurezza nazionale,  era stato espulso dall’Italia un cittadino tunisino. La posizione dell’uomo, un 49enne residente a Firenze, era emersa fin dal 2004 “in diverse indagini investigative condotte in Toscana nell’ambito del contrasto all‘estremismo religioso“. Già detenuto nel carcere di Sollicciano a seguito di una condanna per reati comuni, l’uomo “è stato oggetto di monitoraggio di primo livello alto per aver ripetutamente avuto comportamenti violenti verso gli operatori carcerari, affermando in diverse circostanze di essere “un terrorista“. Nel complesso, sono 102 le espulsioni eseguite con accompagnamento nel proprio paese nel corso del 2017 e 234 quelle eseguite dal 1 gennaio 2015 ad oggi per soggetti vicini all’estremismo religioso.

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