“Intendo esprimere anche pubblicamente, come ho già fatto di persona, il mio apprezzamento a don Carmine Arice, padre generale della Piccola Casa della Divina Provvidenza per la decisione di non applicare, nelle strutture ospedaliere del ‘Cottolengo’, le ‘disposizioni anticipate di trattamento’ per il fine vita, anche andando incontro a tutte le conseguenze di legge che tale scelta comporta”. A parlare, questa volta, è l’arcivescono di Torino Cesare Nosiglia, che ha così commentato la presa di posizione della storica istituzione torinese impegnata nell’assistenza agli ultimi e nella cura dei malati. Il ‘Cottolengo’ non non applicherà le Dat, le disposizioni anticipate di trattamento per il fine vita, cuore della legge sul testamento biologico approvata dal Senato il 14 dicembre scorso, dopo mesi di ostruzionismo e decine di migliaia di emendamenti.

IL COTTOLENGO NON APPLICHERÀ LE DAT – “Non possiamo eseguire pratiche che vadano contro il Vangelo – ha dichiarato nei giorni scorsi all’Agi don Arice – pazienza se la possibilità dell’obiezione di coscienza non è prevista dalla legge: è andato sotto processo Marco Cappato che accompagna le persone a fare il suicidio assistito, possiamo andarci anche noi che in un possibile conflitto tra la legge e il Vangelo siamo tenuti a scegliere il Vangelo”. Secondo don Arice, già direttore nazionale della pastorale sanitaria della Cei e attuale membro dell’organismo vaticano per gli ospedali cattolici, il tema della sospensione dell’idratazione e della nutrizione è “un falso problema” in quanto entrambe “sono già accettate dalla Chiesa: il criterio della proporzionalità delle cure è stato fissato già da Pio XII ed è ripreso in modo esplicito nella Carta per gli Operatori Sanitari approvata da Papa Francesco, nella quale al punto 152 si afferma che nutrizione e idratazione sono da mantenere quando ‘non risultino troppo gravose’ mentre in altri casi ‘non sono giustificate’”.

LE PAROLE DELL’ARCIVESCOVO – In una nota ufficiale l’arcivescovo di Torino sottolinea che le ragioni di merito che hanno spinto l’istituto torinese a prendere posizione “riguardano i valori cui facciamo riferimento, come credenti e come Chiesa, sul significato della vita umana – spiega Nosiglia – in ogni istante e nella sua conclusione”. Per Nosiglia ci sono, però, anche ragioni specifiche legate, come ha ricordato anche don Arice, ai paletti già fissati dalla Chiesa, che ha già stabilito i criteri della proporzionalità delle cure – scrive, ancora, l’arcivescovo – e si è espressa ancora recentemente con Papa Francesco, contro l’accanimento terapeutico e contro l’eutanasia”.

IL MESSAGGIO DEL PAPA – Di certo il messaggio considerato da molti ‘rivoluzionario’ di Bergoglio nell’ambito del convegno sul ‘fine vita’ promosso dalla Pontificia Accademia per la Vita a novembre scorso, ha procurato al Papa nuovi nemici: “È moralmente lecito – ha detto il Pontefice – rinunciare all’applicazione di mezzi terapeutici, o sospenderli, quando il loro impiego non corrisponde a quel criterio etico e umanistico che verrà in seguito definito proporzionalità delle cure”. “Un’azione – sempre Papa Francesco – con un significato etico diverso dall’eutanasia che rimane sempre illecita”. Poi l’arcivescovo fa riferimento alle parole del presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti. “Ha ribadito – scrive Nosiglia – che ai vescovi sta a cuore che venga riconosciuta oltre alla possibilità di obiezione di coscienza del singolo medico, quella che riguarda le nostre strutture sanitarie».

L’ARCIVESCOVO: “SI APRONO PROSPETTIVE PERICOLOSE” – Secondo l’arcivescovo di Torino “nel nuovo quadro normativo si aprono prospettive pericolose e inquietanti anche sui rischi di abusi sulla vita, motivati dai ‘costi’ di mantenimento delle persone malate”. Invece “gli anziani, le persone malate vanno pienamente difese e tutelate nei loro diritti e quello della vita è prioritario”. “Non possiamo pensare che esistono, in questo Paese, diritti di serie A e diritti di serie B” continua Nosiglia, invitando le comunità religiose, le istituzioni, le associazioni e tutti i volontari che operano nel mondo sanitario e assistenziale della diocesi di Torino “ad avere il coraggio di fare scelte di coerenza morale e di testimonianza anche andando controcorrente, quando si tratta di salvaguardare e promuovere la vita sempre dal suo primo istante al suo naturale tramonto”.

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