La ricerca di alcuni pesticidi nelle urine di una famiglia romana prima e dopo 15 giorni di alimentazione biologica ha suscitato, oltre che grande interesse, anche quesiti e critiche cui intendo rispondere in qualità di membro del Comitato dei Garanti dell’iniziativa.

I pesticidi dentro di noi”, è la prima di una serie di campagne che rientrano in un progetto di più ampio respiro “Cambia la Terra” il cui obiettivo è  rendere consapevoli dei danni  dell’agricoltura industriale e dimostrare che si può produrre cibo di qualità senza compromettere la salute né di chi lo fa né di chi lo consuma, senza inquinare l’ambiente, le acque, salvaguardando biodiversità e fertilità dei suoli.  Si tratta di un progetto “culturale”, impegnativo e stimolante, nato grazie a Federbio, supportato economicamente da aziende del biologico cui partecipano anche WWF, LIPU e Legambiente.

Nelle urine di una famiglia romana (padre Giorgio, madre Marta e due figli: Stella 9 anni e Giacomo 7) sono stati ricercati – presso il Medizinisches Labor Bremen – glifosato, clorpirifos e due metaboliti dei piretroidi (CL2CA ed mPBA),  sia prima che dopo l’adozione di una dieta rigorosamente biologica durata due settimane. Dalle analisi pre-dieta tutta la famiglia  è risultata pesantemente contaminata.

Pesticidi nelle urine umane non dovrebbero esserci e pertanto non esistono “limiti di legge”: già il fatto che li si ritrovino testimonia che la legislazione vigente non è in grado di tutelarci. L’unico confronto possibile è quello con popolazioni di riferimento tratte da studi pubblicati o – in loro assenza- dai dati in possesso del laboratorio relativi ad analisi effettuate su popolazione danese e tedesca.

Nelle analisi pre-dieta il glifosato – al centro di vivaci contestazioni – nelle urine di Giorgio, Stella e Giacomo è superiore al valore medio della popolazione di riferimento, mentre nelle urine di Marta,  che segue una dieta senza cereali è al di sotto del limite di rilevabilità.

Il clorpirifos è un insetticida organofosforico di cui è nota l’azione neurotossica, ma che agisce anche come interferente endocrino ed è particolarmente pericoloso per il cervello in via di sviluppo. In tutti componenti della famiglia, ma specie in Marta e Giacomo, è presente in concentrazioni superiori alla media. I piretroidi sono insetticidi ad ampio spettro utilizzati anche contro le zanzare, molto più persistenti e tossici rispetto al piretro naturale. Tutta la famiglia è risultata positiva, in particolare ad m-PBA.

Dopo due settimane di dieta biologica, il glifosato scompare nelle urine di Giorgio, Giacomo e Stella. Il clorpirifos si riduce del 75% nelle urine di Marta, in quelle di Giorgio  scende sotto soglia di rilevabilità, in Giacomo si riduce di circa 2/3, in Stella invece nessun cambiamento.

Anche per i piretroidi risultati eclatanti: l’m-PBA – che in Marta era elevatissimo – scende sotto la media di riferimento e in Giorgio si riduce di oltre il 60%. Nei figli netta riduzione di entrambi i metaboliti.

Che significato ha tutto questo? Una critica ricorrente è che sia una ricerca “farlocca” e senza valore scientifico: critica che sarei la prima a condividere se l’iniziativa fosse stata spacciata per un “esperimento scientifico”. Come chiaramente risulta nessuno l’ha mai considerato tale, data l’esiguità del campione, l’assenza di un gruppo di controllo etc: ciò che interessava mostrare in modo mediaticamente efficace era che i “veleni” sono dentro di noi e che cambiando le nostre abitudini è possibile ridurli.

Tuttavia i risultati non sono stati affatto sorprendenti perché in linea con ciò che numerosi studi scientifici segnalano fin dal 2006. Gli effetti di una dieta biologica sono evidenti soprattutto nell’infanzia, come dimostra una ricerca condotta su 40 bambini dai 3 ai 6 anni in California; un altro studio segnala che addirittura già dopo soli 5 giorni si ha la scomparsa pressoché totale delle sostanze indagate.

Ma tutto questo cosa c’entra con la salute? Uno studio molto interessante condotto in Italia in residenti in prossimità di meleti ha evidenziato che in corrispondenza dei trattamenti aumentano i pesticidi nelle urine e, di concerto, diminuiscono i meccanismi di riparo del dna, segnale indubbiamente preoccupante che qualcosa di negativo accade nell’organismo; interessante il fatto che l’assunzione di miele biologico recupera questi deficit.

L’alimentazione biologica rappresenta “la chiave di volta” e la stessa Ue ha riconosciuto che grazie ad essa diminuisce il rischio di malattie allergiche, obesità, antibiotico-resistenza e in gravidanza  si protegge lo sviluppo cerebrale. Inoltre negli alimenti biologici vi è minor presenza di cadmio e maggiori livelli di polifenoli, vitamine e omega 3, conoscenze ormai ampiamente documentate in letteratura.

Una altra critica è che “Cambia la Terra” sia un modo mascherato di marketing del biologico: se questo rischio fosse anche solo minimamente presente mai e poi mai Isde avrebbe accettato di far parte del Comitato dei Garanti, di cui fa parte anche un rappresentante di Ispra ed un professore ordinario della Facoltà di Agraria di Milano.

“Cambia la Terra” è una campagna “politica”, culturale e di informazione, considerarla una campagna “pubblicitaria” è riduttivo e miope perché, specularmente, si dovrebbe concludere che chi difende le ragioni dell’agricoltura convenzionale, lo fa per vendere fitofarmaci. Non si dimentichi inoltre che il mercato del biologico non necessita affatto di promozione, essendo in crescita costante di oltre il 20% annuo.

Ed infine una nota personale: sono profondamente grata a chi ha avuto l’idea di dar vita a “Cambia la Terra”, progetto cui sono orgogliosa di collaborare perché finalmente si offre a tutti la possibilità di documentarsi e capire che praticare una “nuova agricoltura” è una necessità inderogabile per salvaguardare la salute nostra e dell’infanzia.

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