Cinema

The Greatest Showman, Hugh Jackman: “Il mio Barnum nel circo come Steve Jobs nell’informatica”

Tra Freaks e Fellini ecco arrivare il musical biopic su P. T. Barnum, inventore “circense” dello showbiz in senso moderno. Protagonista e motivatore del film - che sarà nelle sale di tutto il mondo il 25 dicembre - è Hugh Jackman, attore completo, le cui abilità canore si rivelarono alle platee cinematografiche grazie a Les Misérables di Tom Hooper

di Anna Maria Pasetti

Tra Freaks e Fellini ecco arrivare The Greatest Showman, musical biopic su P. T. Barnum, inventore “circense” dello showbiz in senso moderno, benché vissuto nella seconda metà del XIX secolo. Protagonista e motivatore del film – che sarà nelle sale di tutto il mondo il 25 dicembre – è Hugh Jackman, attore completo, le cui abilità canore si rivelarono alle platee cinematografiche grazie a Les Misérables di Tom Hooper nel 2012. In diretta streaming dalla conferenza stampa “europea” di Londra, il performer australiano rivela di essere rimasto affascinato dalla personalità “perturbatrice” di Barnum, newyorkese indigente, presto orfano di un sarto, che fin dall’età di 16 anni aveva inventato un suo piccolo showbusiness per le strade. “Barnum era un disturbatore dello status quo, dei sistemi prestabiliti, della critica ingessata e benpensante. Il suo impatto sul mondo dello spettacolo è pari a quello di Steve Jobs nel mondo dell’informatica: era un reale sognatore in grande” spiega Jackman con l’enfasi di chi veramente mostra di aver creduto nell’impresa di questo imponente musical. Con la sceneggiatura in mano scritta da Jenny Bricks e Bill Condon si è rivolto a Michael Gracey, un giovane esordiente conosciuto 8 anni prima per uno spot. “Davanti a un drink ci eravamo detti, facciamo un film insieme” rivela Gracey, oggi grato a Jackman benché la lavorazione dell’opera gli sia costata anni di fatiche.

The Greatest Showman, che annovera nel cast anche Michelle Williams, Zach Efron e Rebecca Ferguson, utilizza la parziale biografia di Barnum per affrontare tematiche di assoluta attualità, in primis l’integrazione della diversità. Accanto al leading showman, vi è infatti una vera famiglia allargata di artisti catturati dalla segretezza della vergogna sociale: sono i freaks, gli  “oddities” (le stranezze) o “very unique people” (persone molto uniche) come vengono denominati nel musical. Donne e uomini fuori forma in ogni senso, che diventano il motore per il successo di Barnum, talent scout per eccellenza ma anche astuto imprenditore. “Lui non li sfruttava come accadeva al tempo, li accorpava in un tessuto professionale ma anche famigliare: è noto che diversi fra i suoi performer siano diventati ricchissimi, abbiano messo su famiglia” sottolinea la star australiana che non trova, peraltro, molte diversità fra questi freak e il suo Wolverine “anche lui deve essere accettato”.  Destinato a diventare un blockbuster anche in Italia – 500 sono le copie che la 20th Century Fox distribuirà – The Greatest Showman non è il primo lavoro cinematografico sulla figura di Barnum, già nel 1934 fu realizzata da Walter Lang la commedia drammatica The Mighty Barnum. “Ma questo film, a mio avviso – continua Jackman – è destinato a rimanere nell’anima e nel cuore anche, e forse soprattutto, per la sua musica (Johnn Debney ne è l’autore, mentre il duo Pasek & Paul già premiati con l’Oscar per City of Stars di La La Land ne ha scritto le canzoni, ndr)  oltre che per l’inno alla vita che esprime rispetto ad ogni genere, colore, cultura e lingua”.

E Federico Fellini c’è. Non potrebbe che essere così, laddove il circo diviene il cuore pulsante di tutto: “Fellini è stato il migliore in questo senso, e uno dei più grandi di sempre. Perché se guardi un circo, uno qualunque, non puoi non pensare a Federico” confessa il giovane regista visibilmente ammirato.

The Greatest Showman, Hugh Jackman: “Il mio Barnum nel circo come Steve Jobs nell’informatica”
Precedente
Precedente
Successivo
Successivo

I commenti a questo articolo sono attualmente chiusi.