Una lunga replica seguita da un altrettanto puntuto contrattacco. Oggetto del contendere, ancora una volta, le crisi bancarie e in particolare la vicenda di Banca Etruria. Che, stando a un retroscena di Marcello Sorgi pubblicato sabato dalla Stampa, è stato il vero motivo della rottura tra Matteo Renzi e il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, appena riconfermato nonostante l’opinione contraria del leader Pd e la mozione parlamentare presentata dai suoi. Renzi ha inviato al quotidiano torinese una lettera in cui “smentisce radicalmente la versione riportata dal giornale” definendola “la versione unilaterale, e discutibile, di Banca d’Italia”, che “poteva tranquillamente essere rubricato come “Il colloquio” o “L’intervista”. O, se preferisce, La sbobinatura”. Il quotidiano replica con una mezza pagina in cui contesta punto per punto la sua smentita e relative precisazioni. Sottolineando tra l’altro che “ora toccherà a Padoan confermare il clima di sintonia con la Banca d’Italia” che Renzi sostiene esserci sempre stato quando era al governo.

La polemica, dunque, sale di livello e torna squisitamente politica nei giorni in cui le autorità di vigilanza giocano allo scaricabarile davanti alla commissione di inchiesta guidata da Pierferdinando Casini e in cui siedono molti renziani doc. La settimana prossima la commissione affronterà il capitolo Mps. Poi passerà proprio all’Etruria.

Secondo il leader Pd la vicenda della banca aretina commissariata nel febbraio 2015 e “risolta” nel novembre dello stesso anno da un decreto del governo guidato da Renzi – in cui era ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, il cui padre Pier Luigi era stato vicepresidente dell’istituto – viene usata come “comodo alibi per azzerare ogni critica” sulla vigilanza di via Nazionale e Consob. “Come sanno tutti i protagonisti di quella vicenda, le cose sono andate in modo radicalmente diverso”, sostiene.

Non è vero – scrive Renzi – che il governo non sia stato informato per tempo dei commissariamenti delle banche in crisi, a cominciare da Banca Etruria. “Ogni passaggio è stato concordato tra Palazzo Chigi e Mef in perfetta sintonia e tutto si è svolto in un clima di piena collaborazione istituzionale con Banca d’Italia”. E “anche dopo il commissariamento di Banca Etruria”, continua Renzi, “il rapporto tra il Governo e Banca d’Italia è sempre stato corretto come hanno dimostrato i numerosi incontri successivi tenutisi a Palazzo Chigi o in via Nazionale. Nessuna freddezza legata alle vicende di Banca Etruria, nessuna mancata collaborazione: il Governo, che ha agito in modo concertato e coeso come potrà agevolmente confermare il ministro Pier Carlo Padoan, e la Banca centrale hanno cercato insieme di affrontare le numerose sfide che si sono presentate in quei mesi. Nessun problema istituzionale, dunque. Nessuno”.

Il “giudizio politico negativo sulla gestione degli organismi di vigilanza, che il Pd ha espresso nelle sedi proprie istituzionali al momento del rinnovo degli incarichi, non prima né dopo” – ma con una mozione in realtà del tutto irrituale – “non trae dunque spunto da presunte difficoltà istituzionali ma da una constatazione: le cose non hanno funzionato come avrebbero potuto e dovuto”, continua Renzi. “Se in questi anni le autorità della vigilanza avessero passato il proprio tempo leggendo meglio i documenti dei loro colleghi anziché parlando coi giornalisti per raccontare discutibili retroscena“, è la chiosa al veleno, “probabilmente il mondo del credito e della finanza oggi starebbe meglio”.

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