La Giornata mondiale della libertà di stampa 2017 è tinta con il rosso della bandiera turca e con quello del sangue degli oppositori in carcere. La situazione è difficile, anzi difficilissima: basta parlare con qualcuno in Turchia per capire quanto l’aria, da quelle parti, si sia fatta irrespirabile negli ultimi tempi; tanto per la stampa quanto per i dissidenti. Nel paese della mezza luna si rischia di finire nei guai per un Tweet o per uno stato su Facebook.

Tra i miei contatti ci sono giornalisti, accademici, videomaker, intellettuali turchi e la loro presenza sui social si è diradata negli ultimi mesi, fino, in alcuni casi a sparire del tutto. Basta una frase di troppo per trovarsi dietro le sbarre di quelle carceri rese celebri dal film “Fuga di Mezzanotte”: apparentemente, basta poco: una frase in bit è sufficiente.

Unica differenza con il film di Alan Parker: gli Ahmet, i Mehmet e le Fatma rapiti dal regime di Erdogan non sono in carcere per contrabbando di hashish, ma solo per aver tentato di scongiurare il destino a cui la Turchia sta andando incontro.

Per loro si stanno muovendo in tanti; ci stiamo muovendo in tanti perché giornalismo e libertà di stampa non sono questioni interne agli stati e meno che mai, questioni interne a una “casta”: il grado di libertà e di pluralità dell’informazione sono tra i migliori barometri per misurare il livello di democrazia di un paese, ma nel villaggio globale, questi discorsi diventano un continuum tra un Paese e l’altro: la minaccia alla stampa (e alla democrazia) turca ha un’influenza sull’Europa e l’Europa può, in diversi modi, influenzare il corso degli eventi in Turchia.

Soprattutto perché Ankara piange, ma il resto del mondo non ride: gli attacchi di Trump al sistema dei media negli USA; minacce, aggressioni e il proliferare incontrollato di “fake news”, che delegittimano l’informazione vera e infestano lo spazio democratico con uno pseudo giornalismo fai-da-te, sono fenomeni pericolosamente in crescita. Questa Giornata mondiale della libertà di stampa, quindi, è dedicata alla Turchia senza dimenticare quanto la situazione si stia deteriorando anche nelle oasi tradizionali di pluralismo.

Ai tanti (politici in testa) che fanno campagna attiva contro i media, la deriva turca dovrebbe servire da monito: ecco che fine fa un paese senza stampa libera.

Amnesty International ha lanciato una campagna chiedendo agli utenti di postare su Twitter, proprio oggi, nella giornata mondiale della libertà di stampa, un selfie con l’hashtag #FreeTurkishMedia

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