Dal 1993, la Rai ha avuto 14 presidenti del Consiglio di amministrazione, a iniziare da Claudio Demattè, e 15 direttori generali, da Gianni Locatelli all’attuale Antonio Campo Dall’Orto: nei 23 anni dalla fine della cosiddetta Prima Repubblica, il vertice è cambiato in media ogni anno e mezzo. Un’assurdità. Nello stesso periodo, vi sono state tre leggi che hanno disciplinato la governance di Viale Mazzini.

raiDa segnalare che al vertice dell’azienda concorrente, Mediaset, siede da molto più tempo lo stesso manager.

Chi arriva al vertice della Rai sa che il “suo” tempo è piuttosto ristretto, e di conseguenza si concentra soprattutto su attività legate alla gestione ordinaria. Non a caso le prime preoccupazioni riguardano le nomine, e la scelta di programmi che possano “segnare” il passaggio del vertice in carica. Se la Rai “invecchia” male, si deve anche al fatto che si è sempre favorita l’ordinaria amministrazione.

Il nuovo meccanismo di riscossione del canone, ancorato alla bolletta dell’energia elettrica, metodo che ridurrà l’evasione, porterà alla Rai nell’anno in corso circa 180-200 milioni, un introito aggiuntivo che, fra l’altro, si ripeterà negli anni. L’entità dei nuovi ricavi è piuttosto consistente, e dovrebbe costituire l’occasione per il management di guardare lontano, oltre il suo mandato.

Fra i progetti possibili ne citiamo due.

Il primo riguarda la realizzazione di una rete satellitare rivolta al mondo, come hanno fatto i principali servizi pubblici europei. Nel nostro caso, più che un canale all news, si dovrebbe puntare alla valorizzazione del nostro territorio, del Made in Italy. Sarebbe anche l’occasione per dare spazio, lavoro ai tanti bravi documentaristi che spesso hanno difficoltà di emergere essendo la domanda limitata. È un’idea vecchia, ma mai realizzata.

La seconda ipotesi riguarda la sistemazione logistica dell’azienda. Al momento la situazione è piuttosto precaria: la sede di Mazzini ha il problema dell’amianto, quelle di Teulada e Asiago hanno il problema dell’inquinamento elettromagnetico. In ogni caso sono sedi che evidenziano un certo decadimento e che avrebbero bisogno di un profondo ammodernamento delle strutture e degli impianti, ovviamente di difficile realizzazione. Anche per questa questione vi sono state tante ipotesi, ma nessuna è passata oltre la porta degli uffici studi.

Si segnala che in occasione dei mondiali di calcio di Roma’90, la Rai realizzò un’opera grandiosa, il centro dell’informazione di Saxa Rubra, il più grande investimento immobiliare fino allora realizzato nel centro-sud (fra l’altro questa realizzazione non comportò alcuno scandalo). L’opera fu utile per i Mondiali, ma soprattutto è stata fondamentale e lo è tuttora per la vita quotidiana dell’azienda.

È probabile che il management attuale (fra l’altro diversi studi televisivi sono in fase di ammodernamento) stia studiando attentamente la pratica. L’occasione offerta dalle entrate aggiuntive del canone non andrebbe sprecata, e dovrebbe invogliare a progettare e a investire per il futuro della Rai.

Articolo Precedente

Olbia, il primo atto del neo sindaco di Forza Italia è una censura

next
Articolo Successivo

Il manifesto, i giornalisti ricomprano la testata. “Siamo tornati padroni di un giornale indipendente e autogestito”

next