La generazione dei nati negli anni Settanta si trova nella posizione storicamente poco fortunata e al tempo stesso privilegiata di fluttuare tra due ere, la cui linea di confine coincide con l’avvento del web. Scomoda, perché un mondo che muore ed uno che nasce non regalano allettanti eredità, privilegiata perché essere testimoni consapevoli di un “cambiamento di paradigma” offre uno sguardo critico lucido e profondo, con tutti gli onori ed oneri che ciò comporta. Non è un caso che siano tutti nati negli anni Settanta gli artisti protagonisti di “Effimera – Relazioni disarmoniche”, singolare mostra in programma fino al 22 maggio prossimo presso il MATA, nuovo spazio di Modena dedicato alla cultura contemporanea.

Una mostra fortemente sperimentale, interamente dedicata alla New Media Art e alla relazione tra arte, tecnologia e comunicazione. Un titolo non scelto a caso: in mostra non ci sono oggetti materiali o manufatti artistici, ma proiezioni ed opere immateriali la cui presenza in mostra è solo uno dei modi possibili di fruizione. Opere che vivono anche sul web, o che da esso prendono ispirazione, o che si trasformano in tempo reale a seconda delle infinite connessioni e possibilità di scambio offerte dall’interattività.

Come in Average Shoveler di Carlo Zanni, un videogioco dalla grafica squisitamente vintage che viene costantemente “disturbato” dale immagini, continuamente aggiornate, provenienti dal sito della “ABC NEWS”, con cui l’opera è connessa in tempo reale. O The simple combinations di Diego Zuelli, in cui un algoritmo dipendente dalla data crea un’immagine che cambia quotidianamente. “La tecnologia ha creato una cesura netta tra differenti generazioni e probabilmente un punto di non ritorno anche in campo artistico” dicono Fulvio Chimento e Luca Panaro, curatori della mostra. “Le opere vivono e traggono ispirazione dal web, a seconda delle connessioni offerte dall’interattività. Quando a fine serata si spengono le luci del MATA le opere svaniscono e di questa esperienza non rimangono che le pareti bianche a vista del museo, la sua struttura, poiché tutto ciò che qui viene esposto è realmente effimero”.

Un’esposizione che si presenta come unicum, soprattutto per il luogo in cui si svolge: è una delle prime volte in Italia infatti che un’istituzione pubblica ospita una mostra dedicata interamente alla New Media Art, solitamente ospitate in gallerie private o nei più importanti centri di ricerca a New York e Londra. “Per questo” continuano i curatori “siamo molto contenti di poter offrire al pubblico italiano un aggiornamento di alto livello in relazione a questi temi”. Tra i principali obiettivi della mostra c’è quello di fornire strumenti per comprendere e codificare quelle dinamiche collettive e voyeuristiche innescate dalla rete, uno strumento di uso ormai quotidiano ma raramente maneggiato con consapevolezza. “Gli artisti in mostra” dicono Chimento e Panaro “padroneggiano perfettamente gli strumenti tecnologici, e le loro azioni artistiche sono volte a smascherare lo strapotere delle multinazionali del commercio e dell’informazione, che dalla fine degli anni Novanta in poi si sono impossessati del web. Le loro opere vogliono essere un grido di denuncia e insieme un invito a mantenere libero e selvaggio lo spazio del web, come luogo in cui è ancora possibile comunicare.

L’arte dunque come segno di riconoscimento tra i viandanti della rete, membri di una comunità non solo artificiale, di cui l’artista vuole cogliere i significati, sperimentando e contribuendo alla ridefinizione continua dei confini di un universo effimero”. Per riflettere sui temi della mostra sono previsti anche momenti di incontri con gli artisti, moderati dai curatori. Per tutte le informazioni si rimanda al sito www.mata.modena.it.

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