Sono dei giorni scorsi gli attacchi violenti e indiscriminati a Bruxelles, ad Istanbul e in Siria. Di sfondo e in parallelo assistiamo alla messa in discussione del trattato di Schengen, con un forte ritorno all’idea di frontiera come barriera, proprio nella “civile” Europa. A Genova abbiamo pianto sgomenti Francesca, una delle vittime di quell’assurdo incredibile incidente stradale in Spagna. Avvenimenti diversi, certo, ma che richiamano non senza una certa angoscia al nostro essere umanità. Dove stiamo andando? Come orientarsi in una realtà complessa, spiazzante, che irrompe a livello anche emotivo in maniera così disarmante?

human locandina

Ci sono quattro docufilm che girano ultimamente, e che mi è capitato di vedere uno dopo l’altro nel giro di poche settimane, quattro sguardi capaci di risvegliare quella scintilla di speranza, passione e attaccamento all’essere umano, ma soprattutto all’essere “umani”, al restare umani per dirla con il nostro compianto don Gallo.

Il primo film è Human del regista Yann Arthus-Bertrand, uscito nel 2015 e finanziato da due fondazioni no profit. In tre anni il regista ha intervistato oltre 2000 persone in decine di lingue diverse, attorno a una sola domanda: cosa ci rende umani? Ne esce un’opera enciclopedica, un affresco di una umanità variopinta, sconosciuta, affascinante, e al contempo interpellata da simili dubbi, simili difficoltà, simili speranze. Un film senza commenti, dove bastano le parole di gente comune che esprime il suo senso di vivere, la sua esperienza di amore, rabbia, dolore, ingiustizia, fede… un’antologia dell’umanità, della sua straordinaria fragilità e forza e bellezza.

Il secondo film è Il sale della Terra del regista Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado, uscito nel 2014 per raccontare la vita del famoso fotografo brasiliano Sebastiao Salgado, della scelta dei suoi viaggi e del suo sguardo sulla crudeltà e ferocia umana, ma anche in cerca delle tribù più remote, degli angoli più incontaminati del pianeta. Un film che parla per fotografie, che rappresenta come pochi l’umanità tra inferno e bellezza.

Ci sono infine due docufilm di “casa nostra”, il primo è Unlearning del regista genovese Lucio Basadonne, “un inno gentile alla disobbedienza”, il viaggio di una famiglia alla scoperta di modi di vivere alternativi al sistema dominante, tra comunità, comuni, condomini solidali e le loro forme anticonformiste di educazione dei figli. Ancora una volta le voci di persone comuni, spesso bambini, raccontano cosa vuol dire “disimparare” la religione del comfort, del presunto unico modello possibile di vita, per entrare in una dimensione di condivisione e di relazione diversa, più radicale.

Il secondo è Fuocoammare del regista Gianfranco Rosi, uscito nel 2016 per raccontare la Lampedusa “fuori dal tempo”, dove accanto a una vita dura, semplice, paesana, va in scena la grande tragedia quotidiana delle migrazioni nel Mediterraneo, dal Sud del mondo alla benestante Europa. La telecamera, silenziosa e come invisibile, ci porta sui barconi, sulle scialuppe della guardia costiera, oltre le inferriate dei centri, in punta di piedi, ad ascoltare la risacca tra i corpi infradiciati di chi non ce l’ha fatta, e il canto insopprimibile di chi celebra la sua sopravvivenza, e affronta il presente che noi gli offriamo.

Quattro film sui generis, quattro occasioni di immergersi in un mondo più ampio, raccontato con delicatezza e determinazione, spesso con creatività e poesia, che ne rivelano il fascino e la preziosità. E se “confondersi con gli altri è il solo modo di fare umanità”, come ha scritto l’antropologo Marco Aime, anche a partire da questi quattro spunti significativi vogliamo invitarvi all’incontro Suq del 15 aprile, in piazza Banchi a Genova, per confrontarci e ascoltarci sulle nuove idee per il 18° Suq Festival Teatro del Dialogo (in programma dal 16 al 26 giugno al Porto Antico). Il tema “memoria e futuro” apre a tantissime opportunità, artistiche, culturali, formative, creative. Di cosa ha bisogno il mondo di oggi? Quale umanità vogliamo rendere protagonista?

di Giacomo D’Alessandro

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