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Lavoro minorile, in Italia 340mila “baby lavoratori” in età pre-adolescenziale

Nella maggior parte dei casi si tratta di ragazzi tra i 12 e i 15 anni impegnati nella ristorazione, nella vendita, in campagna, in lavori artigianali, nel baby sitting, in lavoretti di ufficio ma anche nei cantieri
Lavoro minorile, in Italia 340mila “baby lavoratori” in età pre-adolescenziale
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In Italia sono 340mila i “baby lavoratori” coinvolti in esperienze di lavoro. Lo svela l’indagine “Game over. Il lavoro minorile in Italia” condotta dall’Associazione Bruno Trentin e da Save the Children e illustrata a Labitalia da Anna Teselli, ricercatrice nell’area welfare e diritti di cittadinanza e responsabile dell’Osservatorio sul lavoro minorile.

Con “baby lavoratori” si intende i minori di 16 anni che secondo la legge italiana non possono lavorare. La legge n. 977 del 1967 norma, tra l’altro, l’età minima di accesso al lavoro e le eventuali eccezioni (come gli impieghi nello spettacolo) e nella norma finanziaria del 2006 l’obbligo scolastico è stato innalzato a 16 anni con il conseguente spostamento dell’età minima di accesso al lavoro dai 15 ai 16 anni.

I 340mila minori che hanno un’esperienza di lavoro sono in gran parte pre-adolescenti dai 12 ai 15 anni che, nella maggior parte dei casi, aiutano i genitori nelle loro attività professionali nel mondo delle piccole e piccolissime imprese a gestione familiare (41%), oppure sostenendoli nei lavori di casa (30%). Il restante 29% si distribuisce in misura equivalente tra chi lavora nella cerchia dei parenti e degli amici oppure di altre persone. In generale, il 27,7% delle attività riguarda il settore della ristorazione, il 22% la vendita (compresa quella ambulante), il 17,2% la campagna, il 15% i lavori artigianali, il 4,3% il baby sitting, il 4,2% lavoretti di ufficio e l’1,9% impegni nei cantieri.

Anche le attività in famiglia, considerate “innocenti”, nascondono dei rischi: i ragazzi lavorano in fasce orarie serali o notturne, svolgono un lavoro continuativo (la quota delle attività svolte tutti i giorni o in modo regolare è pari al 65%) e, interrogati, indicano almeno una delle seguenti condizioni: interrompono la scuola per lavorare; il lavoro interferisce con lo studio; il lavoro non lascia tempo per il divertimento con gli amici e per riposare; il lavoro viene definito moderatamente pericoloso.

L’ipotesi alla base dell’indagine è che il lavoro minorile sia un fenomeno tutt’altro che scomparso nei paesi economicamente avanzati e che stia assumendo nuove forme da analizzare. Anna Teselli ha commentato i dati dell’indagine: “Il grande sforzo che bisogna fare nel raccontare il fenomeno del lavoro minorile è quello di posizionarlo all’interno di un’economia avanzata, come la nostra. Non ci troviamo, infatti, davanti a baby lavoratori impiegati in lavori lontani dalle società evolute, ma di giovanissimi impegnati a contribuire a mandare avanti l’azienda di famiglia oppure a servire, fino a tardi, tra i tavoli dei ristoranti“.

Anna Teselli nel presentare i dati dell’Associazione B. Trentin e Save the children ha posto l’attenzione anche sulle ripercussioni che il lavoro minorile ha sull’istruzione: “L’evento critico della bocciatura è molto più frequente per i minori con esperienze di lavoro. L’idea di un ‘futuro investito nel mondo del lavoro e non a scuola’ – ha aggiunto – è il criterio che orienta la prospettiva di vita dei ragazzini che cominciano presto a lavorare”.

Il lavoro minorile nell’inchiesta “Game over” è considerata una questione sociale. Non è solo espressione di singole realtà o singoli episodi determinati esclusivamente da un contesto familiare difficile. Se è vero infatti che la crisi attuale mette in seria difficoltà le famiglie che quindi, non potendo più rispondere in modo adeguato alle proprie esigenze, possono spingere i figli a lavorare, è altrettanto vero che spesso sono i giovani stessi, non potendo soddisfare le loro necessità, che scelgono di trovare un impiego che permetta loro di avere i soldi necessari per uscire con gli amici o per acquistare quanto per loro è considerato indispensabile.

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