Alle nostre spalle l’uscita di La parola contraria e un’intervista in cui Erri De Luca, a proposito del ruolo di un autore ha scritto: “Oltre a quella di comunicare, è questa la ragione sociale di uno scrittore, portavoce di chi è senza ascolto”.

Anziani, sfrattati, senza casa, disoccupati, famiglie monoreddito, immigrati, studenti, mononuclei. I protagonisti di Sto qui perché una casa non ce l’ho sono le nuove categorie ‘deboli’, che più di tutte oggi necessitano di ‘portavoce’, rappresentanti che attraverso la loro visibilità possano divulgare, ricordare e sostenere l’importanza di questo diritto alla casa, troppo spesso negato ai più; maltrattato da blande miniproroghe, umiliato da assurde proposte del governo di vendere all’asta case popolari – decreto attuativo successivamente bloccato, grazie alla mobilitazione di sindacati e inquilini, con l’intenzione finale, dunque, di porre fine all’istituzione delle case popolari -, un diritto offeso persino dallo sblocco delle graduatorie da parte del Comune di Roma, che ha incluso solo quelle presentate nel primo semestre del 2013.

Insomma, per i più deboli in Italia la storia si ripete: se arriva qualcosa non sono che briciole. Eppure i cittadini che non si accontentano del minimo sostegno sono in lotta, a qualsiasi età, nonostante le condizioni di vita attuali. Uomini e donne spinti e motivati dalla volontà di farsi difendere e resistere, accompagnati dai sindacati, come dai movimenti del diritto all’abitare, riuniti in comitati territoriali o associazioni. Uomini e donne che sono dentro le lotte, loro stessi per primi, perché non ci stanno a vivere senza un tetto sulla testa.

In molti lo hanno ripetuto e lo gridano a gran voce: “Mi incateno dentro casa se verranno a togliermela”,”Può diventare una lotta seria!”. Senza contare chi a piazza Montecitorio scende con un cartellone: “Cedo un rene in cambio di lavoro!”. E’ la storia del signor Luigi, sotto sfratto per morosità incolpevole. Sì, perché chi per il lavoro perde la casa. Storia vecchia che si ripete.

Ma “Nulla si smuove se non si vuole”. Scrive anche questo Luigi, e lo fa con pennarello nero, bene in vista. Davanti a Montecitorio neanche i deputati, ha raccontato, si fermano a chiedere cosa ci faccia lì, vestito di disperazione, coraggio e voglia di lavorare. “Sono troppo vecchio per un impiego, mi dicono“. Lo dicono a lui, come a migliaia di cinquantenni, sessantenni che perdono il lavoro: troppo giovani per la pensione, troppo vecchi per lavorare, a quanto pare. Luigi è un grande esempio per tutti: tra le voci coraggiose che si lasciano accompagnare, e per fortuna, dalla voglia di resistere. Si deve parlare di queste persone che resistono, che scendono per protestare, senza violenza, senza rinchiudersi, ma con l’aspirazione di avere un’altra possibilità. E non fa nulla che lo dicano piangendo, è una qualità preziosa restare umani in questa società. Importa, invece, che non stiano a rubare, a rispondere con la violenza a chi gli ha negato il diritto al lavoro, alla casa.

Conta che possano infondere una reazione diversa a chi sta scegliendo il suicidio come risposta alla crisi, come il caso recente dell’imprenditore di Pavia che a un momento di difficoltà ha scelto di abbandonare la famiglia, nell’incapacità – forse – di poter accettare una vita con un tenore differente. “Mi hanno tolto la dignità, ma ogni giorno cerco lavoro. Ho una famiglia”, è invece la risposta di Luigi. Combattere dunque, mai abbandonare la lotta. Il senso di responsabilità verso se stessi e la propria famiglia.

E se in fondo nel miniproroghe è stata inserita una miniproroga di quattro mesi per la morosità per finita locazione è stato infatti grazie alla mobilitazione dell’Unione Inquilini, con Action, movimento del diritto all’abitare; certo, una battaglia che oggi porta con sé, sì un giudizio negativo, e in modo totale, per l’operato del governo, ma apre anche degli spazi di vertenzialità territoriale da perseguire ancora uniti e con maggiore determinazione.

All’interno di questo spazio dove ‘lottare e resistere’ sembrerebbero trasformarsi in un inno alla vita, per la campagna del 14° Congresso Nazionale dell’Unione Inquilini, mettere in campo ‘portavoce di chi è senza ascolto’, tra questi il coinvolgimento di voci note del panorama letterario contemporaneo (ma non solo), è stato reputato dunque un indispensabile passo. A muoverlo, prima di tutto, l’idea che raccogliere e rilanciare – verbi che qui, non a caso, richiamano il messaggio di Andrea Satta, La casa raccoglie e rilancia, – dichiarazioni personali di scrittori sull’importanza del diritto alla casa, è soprattutto richiesto per un senso umano di responsabilità verso i più deboli e dal quale nessuno dovrebbe esimersi, né sfuggire.

Dall’altra è utile per ricordare alla società civile che non è sola. Non ultimo è la speranza che sia anche questo un modo per far sentire a chi del benessere dei cittadini si dovrebbe ritenere ogni giorno partecipe che la responsabilità di uno scrittore non finisce mai dove chiude il suo ultimo libro, ma inizia e acquista valore quando dà voce a chi non ha ascolto. E la responsabilità dei politici, invece? Cosa ci potrebbero raccontare loro di quando scendono dalle loro poltrone per rincasare?

Tra gli scrittori/artisti coinvolti nella campagna Massimo Carlotto, Ascanio Celestini, Erri De Luca, Andrea Rivera, Andrea Satta, Angela Scarparo. E in coda fa bene sottolineare il pensiero virtuoso donato alla Campagna del sindacato da Alex Zanotelli: “Essendo vissuto per 12 anni in una baracca nella infernale bidonville di Korogocho (Nairobi-Kenya), continuo a gridare al mondo che tutti abbiano  il diritto ad avere una casa, piccola e modesta, ma che sia una home”. Una home, perché persino una casa e basta per una vita dignitosa è (davvero) poco.

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