Qualche sera fa, in uno svogliato zapping a stomaco pieno, mi sono imbattuto in Maccio Capatonda che promuoveva il suo primo film, L’italiano medio. A essere onesti non sono mai stato un suo fan sfegatato, per me Mai dire Gol si è concluso quando hanno smesso i vari Albanese, Bisio, Crozza, Dix, Hendel e il trio milanese, che poco dopo ha smesso anche di farmi ridere. Però devo dire che la scena della pasticca grazie a cui “il cervello lo usi solo il 2%” mi ha fatto ribaltare dal ridere. Insomma, Maccio ha colto nel segno e andrò volentieri al cinema a vederlo.

Terminate le risate sono ritornato serio e mi sono chiesto se l’italiano medio sia davvero fatto così. Siccome non sono antropologo, filosofo, politologo o sociologo e di calcio è meglio non parlare…mi sono concentrato su quello che conosco meglio, le automobili. Così ho aperto una battuta di caccia mentale all’italiano medio in auto, facendo abbastanza fatica a trovarlo in maniera univoca e scoprendo invece trovato tante tendenze che si sono susseguite nel tempo. Le chiamo tendenze per essere carino, ma la definizione giusta sarebbe “mandria di pecore che si muove seguendone una”. Tralasciando i luoghi comuni che si sentono sulle automobili, su cui davvero si potrebbe scrivere un libro, basta guardarsi intorno alla ricerca delle copie-carbone. Ovviamente da questo discorso sono esentati tutti quelli che possono spendere poco, per cui l’auto è solo una imprescindibile e pesante voce di spesa.

Andando a memoria, ricordo il boom della Volkswagen Golf IV alla fine degli anni Novanta, c’era gente che avrebbe ucciso per una Tdi 110 Cv, poi quelli successivi dell’Audi A3 e della Bmw Serie 1 (la 120d solo per chi poteva spendere sul serio). Che dire poi della prima Mini, un “must-have” di tutte le teenager borghesi, delle Nissan Qashqai e Micra dCi, che facevano “understatement ma non troppo” e della Fiat 500, la prima auto dei giovani italiani ormai invecchiati? Tutte auto validissime, che sono riuscite a intercettare una certa fetta di pubblico e a creare un desiderio di imitazione, spesso basato su ragioni davvero poco concrete. E non è certamente, solo, una questione di prezzo, altrimenti non si spiegherebbe né il successo della Dacia Duster, una Suv low-cost che è diventata cool, né quello della Smart, una “mezza-macchina”, che costa come una intera.

Insomma, la scelta l’automobile si conferma più che mai un fatto culturale, guidato da motivazioni che cambiano in ogni Paese, regione, città o provincia. Il filo conduttore, però, è sempre lo stesso: l‘estetica. Sono le auto belle ad avere successo e lo conferma l’ultima ricerca Gfk Eurisko, secondo cui lo stile è il primo motivo di scelta, il rapporto qualità/prezzo il secondo e l’affidabilità il terzo. Come dire, l’importante è avere l’auto “giusta” per fare bella figura con gli altri, poi se si rompe me lo tengo per me e spendo in silenzio.

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