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Quel male chiamato fanatismo

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Il fanatismo è una patologia psichica ed esiste da sempre, ma ci sono tempi, situazioni e paesi che sembrano favorirlo, offrendogli spazio e incoraggiamento; allora il fanatismo, che sia religioso, politico o sportivo, può diventare una malattia sociale che porta con sé angoscia, terrore e perversione.

Ho constatato come questo fenomeno derivi da gravi frustrazioni, personali e/o sociali, che, non riuscendo a essere superate, possono trasformarsi in esigenza di rivalsa a qualunque prezzo, spegnendo la coscienza della complessità, il senso critico, la ragionevolezza e anche un codice morale fino a lì condiviso.

Si pietrifica allora nella mente un obbiettivo unico dal quale si è posseduti e che diventa fissazione. Così tutto l’orrore di cui sono capaci gli esseri umani diventa possibile e la storia passata e presente ne porta il peso.

Amedy Coulibaly, one of gunmen behind the worst militant attacks in France for decades, declares his allegiance in this still image taken from video

Ma sarebbe un errore definire gli agghiaccianti comportamenti fanatici come mostruosi, bestiali e disumani, perché invece è proprio una caratteristica umana quella di avere una coscienza di sé e di poterla alterare nella patologia, quella di essere capaci di una crudeltà senza ragioni e senza confini.

La reazione fanatica alla frustrazione scatena infatti un delirio di onnipotenza con la conseguente formazione di un Ego ipertrofico e questa miscela può diventare davvero esplosiva. Abbiamo quindi ragione di temere il fanatismo, l’arbitrio del potere sull’altro e il piacere del comportamento sadico che lo accompagna.

Dovremmo tutti cercare di contrastarlo, per esempio nell’educazione in famiglia e nella scuola, parlando delle conseguenze del fanatismo nella nostra storia, coltivando in noi stessi e negli altri il difficile piacere della complessità delle cose umane e sapendo accettare, di fronte a una frustrazione, un salutare periodo di tristezza che consente, dopo, una reazione ragionevole e misurata.

Il Fatto Quotidiano, Lunedì 5 gennaio 2015

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