Mogherini, Alfano e LupiPare dunque che Renzi si accinga a fare un rimpasto per ridimensionare ulteriormente il peso politico degli alleati, che paiono rassegnati ad un ruolo sempre più marginale. Del resto nemmeno l’opposizione di centrodestra sembra attualmente in grado di impensierire il premier. L’esito delle ultime elezioni ha rappresentato una netta sconfitta di tutte le forze che si riconoscono nell’area di centrodestra. Personalmente ritengo che le definizioni di destra, centro, sinistra, secondo gli schematismi rigidi del passato, siano superate. Certamente, tuttavia, rimane la contrapposizione fra coloro che considerano la libertà un valore fondamentale e prioritario, pur nella necessaria aggiunta del valore responsabilità, e coloro che invece ritengono che essa vada variamente compressa in nome dell’eguaglianza. In questa posizione, anche se con notevole superficialità e molti opportunismi, si colloca il renzismo.

La eccezionale vittoria di Matteo Renzi, favorita da un forte astensionismo, e dalla assenza di alternative convincenti, rischia però in prospettiva di replicare una democrazia bloccata, sul modello della prima repubblica. Un sentore di tutto ciò si ha dal fenomeno piuttosto squallido e tipicamente italiano del “saltare sul carro del vincitore” che sta coinvolgendo in varie forme esponenti di Sel, di Scelta Civica, dell’Udc, persino, in qualche caso, del Nuovo Centro Destra e della stessa Forza Italia.

Nonostante Matteo Renzi abbia rappresentato per dinamismo una netta rottura con il passato, per più motivi serve organizzare una opposizione credibilmente alternativa, capace di essere vincente. Intanto dinamismo non significa necessariamente efficienza. Renzi ha privilegiato finora demagogicamente la politica dell’annuncio rispetto a quella della qualità dei risultati. Faccio una serie di esempi.

Riforma delle province. Le province non sono state realmente abolite, ne è stata soppressa solo la componente rappresentativa. Renzi ha annunciato di aver tagliato 4000 posti di consiglieri e assessori provinciali. La legge ha portato tuttavia il contestuale aumento di 20.000 consiglieri comunali e di 5000 assessori comunali. Il risparmio realmente atteso rimane dunque dubbio, nella migliore delle ipotesi ammonterebbe a poche decine di milioni di euro.

Riforma del Senato. La proposta del governo prevedeva che il 15% dei nuovi senatori fosse nominato dal Presidente della Repubblica, che i sindaci delle città capoluogo di regione fossero senatori, cioè a dire Pisapia avrebbe rappresentato pure i comaschi o i bresciani. Anche i restanti senatori non sarebbero stati elettivi. Tuttavia questo complesso di persone avrebbe dovuto votare fra l’altro le leggi costituzionali, con un evidente vulnus democratico. Contrariamente a quanto affermato da Renzi, che ha parlato di volta in volta di risparmi pari a 500 milioni/1 miliardo, il risparmio atteso ammontava a circa 50/60 milioni di euro. La seconda proposta governativa del senato alla francese era quanto ad efficienza ancora peggio.

Taglio delle auto blu. Era stato già doverosamente deciso dai governi precedenti, Renzi lo ha abilmente rilanciato come proprio, con un esito peraltro assai modesto sul versante del taglio della spesa pubblica. Anche la misura, senz’altro apprezzabile, del taglio delle retribuzioni del dirigenti apicali, ha prodotto in realtà risparmi del tutto marginali.

Spesa pubblica. Non si è finora inciso in modo rilevante sui veri centri dello spreco di risorse pubbliche con un ripensamento complessivo della spesa per acquisti, con tagli significativi agli incentivi a fondo perduto, con un drastico ridimensionamento delle istituzioni politiche e dei vari organi ed enti pubblici, con una revisione seria e funzionale degli organici delle pubbliche amministrazioni etc. con cioè meno Stato e meno settore pubblico. Sembra anzi che si vada in direzione opposta.

Compagine di Governo. A parte il non irrilevante numero di persone inquisite, che sembrano ormai e per vari motivi un dato ineliminabile della politica italiana, ciò che caratterizza questo Governo è l’assoluta mancanza di spessore e di esperienza di ministri messi in posizione chiave: Mogherini, Madia, Boschi, solo per citarne alcuni, appaiono personaggi vetrina più che persone di spessore.

Dunque primo punto negativo: spregiudicatezza, approssimazione, demagogia, scarsa serietà.

Secondo punto negativo, quello più rilevante. Da ancor prima di insediarsi il messaggio e la proposta di Renzi si sono caratterizzati per un aspetto di tipo egualitario vagamente cattosocialista. La frase: “Mia zia prende 3000 euro di pensione, se ne prendesse 2500 vivrebbe egualmente benissimo” è indicativa di una mentalità, che ha visto come suo primo atto di Governo un aumento significativo, ed ulteriore, della imposizione sulla casa. Calcoli di Banca d’Italia stimano un incremento delle imposte sulla prima casa pari mediamente al 60% rispetto al 2013. Nella prima bozza del decreto Irpef era previsto un drastico ridimensionamento degli stipendi del pubblico impiego sopra i 60.000 euro lordi. I famosi 80 euro al mese, oltre che con una misura nei confronti delle banche di dubbia costituzionalità, che si scaricherà con costi più elevati sui clienti, sono stati finanziati con l’ennesimo aumento della tassazione sulla ricchezza mobiliare, che danneggia soprattutto i piccoli risparmiatori. Il complesso della politica renziana colpisce il ceto medio, come del resto fanno le compagine socialiste, gruppo al quale Matteo Renzi ha deciso di iscrivere il Pd in Europa.

Vi è infine un ragionamento ulteriore che impone la costruzione di una alternativa al Pd e al “renzismo”, alternativa che non sia solo espressione di protesta, ma che poggi su valori e proposte strutturali, e che sia in grado di governare credibilmente.

In qualsiasi democrazia occorre una opposizione forte, anche se costruttiva e responsabile e quindi la possibilità di una alternanza. Le società in cui la democrazia è bloccata per assenza di alternative praticabili scivolano o verso forme più o meno larvate di oligarchia/dittatura mascherata o verso forme di grave inefficienza, privilegio e corruzione diffusa come successe nella prima repubblica.

È dunque sempre più urgente ricostruire una grande area che abbia libertà e responsabilità come punti di riferimento irrinunciabili e che elabori proposte serie capaci di rilanciare e modernizzare veramente l’Italia. Primo passo necessario perché ciò sia possibile è il ricambio, profondo e vero della classe dirigente dei vari partiti di centrodestra, classe dirigente che nella gran parte dei casi appare priva ormai di credibilità.

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