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Sel, in morte della (poco) fiera stampella del Pd

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Sel si sta sfarinando in maniera imbarazzante. Una corsa in soccorso del vincitore che riguarda quasi tutti (nel “quasi” ci metto Airaudo e purtroppo non posso più metterci Fava).

Una implosione così rapida e caricaturale da suscitare perfino un po’ di tenerezza. Dopo aver partecipato al risicato 4% della Lista Tsipras nel ruolo fondamentale dei frignoni a cui non hanno lasciato neppure uno scranno (quella cattivona della Spinelli), l’ascesa di Renzi ha sdoganato la voglia di visibilità e potere dei Migliore (ma solo nel cognome) e derivati. Sel poteva essere opposizione, ma si è rivelata quasi sempre – e, lo ammetto, contro ogni mia speranza più ostinata – stampella del Pd. Avevano forse lingue allenate a battere il tamburo (cit. De André), ma hanno preferito indirizzare il loro sdegno vagamente proletario contro il “sessismo” dei grillini e le offese birbe alla Preside Boldrini. Oltremodo inflessibili nelle sciocchezze e puntualmente latitanti nelle battaglie decisive.

Guerriglieri con le pagliuzze e collusi con le travi. In Italia la cosiddetta “sinistra radicale”, ormai e anzi da anni, è quasi sempre un’accozzaglia di prime donne vetero-femministe, reduci di se stessi, arrivisti improponibili e ribelli in salsa Don Abbondio. Se la “sinistra” italiana è questa, e il massimo che possiamo avere sono le supercazzole intellettualoidi del ‘Caro Leader’ Vendola (“Noi non ci arrendiamo all’idea che o bisogna cantare le canzoni di un radicalismo senza politica o bisogna entrare nel Palazzo”. Come parli Nichi?); se la “sinistra” italiana è questa, e i Civati – magari con l’aiuto dei Landini e Rodotà – proprio non ce la fanno a camminare da soli; se la “sinistra” italiana è questa, staccate la spina una volta per tutte. E non annoiateci più con il vostro marxismo interessato e posticcio. 

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