I Radiohead e i The National sembrano quasi una copertura se si tenta di scavare a fondo, magari partendo da un disco appena uscito per Deutsche Grammophon/Universal Music, “St. Carolyn by the Sea/There Will Be Blood”, che vede protagonisti i due chitarristi delle band appena citate.

Da una parte abbiamo Jonny Greenwood (nella foto) – violinista classico reinventatosi chitarrista una volta approdato nei Radiohead – che in una recente intervista ha puntato il dito contro le giovani guitar bands, accusandoli di suonare gli stessi strumenti dei loro nonni e per di più con le stesse tecniche esecutive. L’apporto di Greenwood all’album “St. Carolyn by the Sea/There Will Be Blood” è dato da una suite articolata in sei episodi e composta per il film “There Will Be Blood” (2007). Le influenze non mancano, dal tanto amato Ligeti al più presente Aaron Copland e trattandosi di una colonna sonora le musiche restano fortemente cucite alle immagini. Greenwood si mantiene in una posizione di sicurezza, ma i sei momenti che compongono la suite risultano estremamente raffinati: a partire dall’iniziale “Open Spaces” che vede l’entrata in scena degli strumenti in un continuo saliscendi fino alla tensione finale, alla reale tensione creata dagli archi nella successiva “Future Markets” e poi ripresa in “Proven Lands”. Uno degli episodi maggiormente interessante dal punto di vista compositivo è “Henry Plainview” dove il passaggio glissato degli archi sembra dipingere strati di colore infiniti in una continua messa a fuoco.

Se da una parte abbiamo un violinista per necessità diventato chitarrista, dall’altra abbiamo un musicista da sempre fedele alla sei corde. Bryce Dessner – così come Greenwood – non si è appassionato alla classica durante la sua esperienza in una rock band, ma ha da sempre amato, esplorato e studiato il genere. La sua è una formazione classica (laureato in musica all’università di Yale), che ha finito per influenzare anche la struttura compositiva degli ultimi album dei The National e che lo ha portato a collaborazioni significative, da Philip Glass ai Kronos Quartet.

“St. Carolyn by the Sea/There Will Be Blood” non è un album a quattro mani di Greenwood e Dessner, ma un lavoro diviso in due parti non uguali: la suite “There Will Be Blood” del chitarrista dei Radiohead è infatti preceduta da tre suite di Dessner. “St. Caroline by the Sea” – titolo preso in prestito da “Big Sur” di Kerouac – è il brano iniziale, nel quale si può già mettere a fuoco l’intento creativo di Dessner, che senza ombra di dubbio cerca di andare oltre alcune zone comode tipiche della composizione classica. Se già di per se non è mai stato facile inserire uno strumento come la chitarra classica all’interno di un’orchestra, ancora più complesso diventa inserire in un contesto del genere una chitarra elettrica.

Dessner nella title track prova a fondere una sezione di quattro chitarre elettriche con l’orchestra, costruendo un gioco timbrico molto raffinato dove le chitarre danno vita ad una marea che si alza e si abbassa con impeto crescente. In ambito compositivo Dessner tende sempre a prendere ispirazione da oggetti, elementi, letture, quasi come se con la musica ne volesse riplasmare l’essenza. Le suite “St. Carolyn by the Sea”, “Lachrimae” e “Rapahael” sono esplorazioni che non nascondono una piccola punta di coraggio da parte del chitarrista dei The National. L’ottima intuizione commerciale da parte della casa discografica di unire i due musicisti, ne mette però in evidenza i due approcci opposti, lì dove uno percorre con grande eleganza un sentiero conosciuto, l’altro tenta di intraprendere un nuovo percorso ancora poco esplorato.

Bryce Dessner “St. Carolyn by the Sea” & Jonny Greenwood suite from “There Will Be Blood”
Etichetta: Deutsche Grammophon/Universal Music

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