Oggi a Milano nasce Green Italy, il primo movimento transpartitico che mette l’ambiente al centro della sua battaglia e della sua unità politica. Alla presentazione ci saranno reduci della seconda repubblica (i Verdi Bonelli e Cortiana e l’ex AN Fabio Granata), leader di alcune associazioni come Legambiente (Roberto della Seta) e #salvaiciclisti (Paolo Pinzuti) ed Edoardo Croci, il papà dell’Ecopass, il provvedimento antismog varato nel 2008 da Letizia Moratti a Milano.
Questa iniziativa rappresenta al tempo stesso una sconfitta e una vittoria per la politica italiana. Una sconfitta perché in un Paese normale i temi dell’ambiente dovrebbero trovare rifugio in tutti gli schieramenti. Le conseguenze dei cambiamenti climatici ricadono sulla pelle di tutti gli elettori. Chi vota (a destra come a sinistra) ha una bocca per mangiare (sano) e un naso per respirare (aria pulita). Ma noi non siamo un Paese normale e dunque ben venga un movimento che faccia opinione su questi temi dimenticati da giornali e agenda politica e fondamentali per il futuro del Paese e del mondo.
Un nuovo soggetto ecopolitico avrebbe successo oggi in Italia? Probabilmente no fino a quando la cultura del rispetto dell’ambiente e della tutela del paesaggio non si affermeranno. Se il M5S ha creato la sua fortuna sull’antipolitica, Green Italy deve costruire attorno a un grande tema le sue battaglie e renderle visibili sul territorio. A Paderno Dugnano per dire no alla Rho Monza, che taglierà 3 Comuni dell’hinterland di Milano, c’era Beppe Grillo e non le bandiere di Green Italy. Contenuti ma anche contenitore. Il nome di questo soggetto sembra strizzare l’occhio al passato (green, verde in inglese) ma anche a un certo elettorato molto impegnato ed esterofilo. Siamo in Italia, chiamiamo i nostri partiti in italiano!
Difficile inoltre capire se su temi come tasse, immigrazione, scuola, sanità questo soggetto abbia un amalgama capace di stendere un programma comune. Ecco perché questo esperimento, pur andando nella giusta direzione, potrebbe risultare velleitario.
Qualche (umile) consiglio:
1) Cambiare nome con un brand capace di unire. In Italia green è sinonimo di sinistra.
2) Aprirsi a tutta la società civile, chiamando a raccolta tutte le associazioni ambientali e culturali.
3) Essere presenti sul territorio: sui treni dei pendolari umiliati dai tagli al trasporto pubblico, nelle campagne minacciate da nuove strade e nuovi (inutili) palazzi, nel traffico cittadino, all’Ilva di Taranto ma anche davanti al Colosseo per spiegare che con la cultura si mangia.
4) Puntare sulla proposta. Far capire che un altro mondo è possibile e che la green economy è una opportunità di sviluppo al pari del turismo. Il verde rende più felici del grigio, in pochi lo sanno.
In ogni caso, in bocca al lupo!
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