Da un lato il segretario nazionale Angelino Alfano afferma che è venuto il momento di finirla con nomi compromettenti e invoca per il Pdl facce nuove e pulite. Dall’altro Francesco Nitto Palma puntualizza che il decreto sulla incandidabilità “non riguarda i rinvii a giudizio”. E’ un via libera agli inquisiti in lista quello che il commissario del Pdl campano consegna nell’intervista al Corriere del Mezzogiorno. Titolo: “Nitto Palma: elezioni, ricandido Cosentino e gli altri inquisiti”. Con buona pace di Alfano il cui peso politico in Campania appare scarso. Ad agosto il segretario diede il via libera alla nomina di Fulvio Martusciello e Daniela Nugnes ad assessori regionali, ma non aveva fatto i conti col diktat di Cosentino, contrario all’ingresso della Nugnes in giunta. Alla fine il governatore Stefano Caldoro si è limitò a inventare per i due il ruolo di ‘consiglieri del presidente’, finti assessorati che timbrano l’immutato potere del deputato di Casal di Principe all’interno del Pdl campano.

E così i due rinvii a giudizio di Cosentino – a quello per concorso esterno in associazione camorristica si è aggiunto recentemente quello per corruzione e reimpiego di capitali illeciti con l’aggravante di aver favorito i clan – secondo Nitto Palma non sono di per sè sufficienti per sconsigliarne la ricandidatura alle prossime elezioni politiche. Dipende, precisa, dall’attendibilità delle accuse. E chi la stabilisce? I dirigenti del partito di Berlusconi. “Siccome siamo tutti in grado di leggere le carte giudiziarie – afferma Nitto Palma – se da esse emergono elementi concreti a sostegno dell’azione giudiziaria, io credo che un partito se ne debba fare carico. Così come ritengo che un partito debba assumersi la responsabilità di un atteggiamento contrario nel caso da quelle carte non emergesse nulla di significativo”.

A proposito: ma quanti e quali sono gli inquisiti nella rappresentanza Pdl campana che ‘rischiano’ la riconferma in Parlamento? Spicca il deputato di Mondragone Mario Landolfi: a maggio è stato rinviato a giudizio per concorso in corruzione e truffa e l’aggravante del favoreggiamento ai clan. C’è poi il senatore napoletano Sergio De Gregorio, finito nell’inchiesta sui fondi all’Avanti in qualità di ex socio di Walter Lavitola nella società editrice del quotidiano socialista. Ed è ancora sotto processo la deputata eletta nel Pdl Maria Elena Stasi, poi passata per ragioni tecniche nel gruppo Popolo e Territorio. L’ex prefetto di Caserta ha chiesto il giudizio immediato per i reati di abuso d’ufficio e turbativa d’asta al termine di un’indagine della Dda napoletana su un presunto cartello politico-camorristico in grado di truccare gli appalti nel casertano.

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