Se parli di Tom Waits, la prima cosa che ti viene in mente è l’indiscussa genialità che lo contraddistingue. La musica è il viatico ideale per riuscire a raccontarlo, è anche l’apice di un percorso artistico irreprensibile, scaturito dentro venti dischi di studio, pronti a testimoniare l’incommensurabile bellezza della sua arte. Waits è un artista libero, “fa e disfa” come gli pare e piace, affrancandosi dalle rigide consuetudini del business. Le case discografiche se lo sono a lungo conteso, elemosinando dischi e contratti, da lui firmati ma con l’inchiostro simpatico: un album di Tom Waits non è mai figlio delle regole e soprattutto delle scadenze; nel 2002 ne ha concepiti due in un sol botto (Alice e Blood Money) e dopo aver dato alle stampe Real Gone, nel 2004, per rinascere, ha aspettato il lento digradare dell’autunno 2011. Prendere o lasciare: i compromessi – come risaputo – non abitano da queste parti.

Bad As Me ristabilisce l’equilibrio perduto nel tempo. La magia è intonsa, scolpita nella memoria di composizioni meravigliose, capaci di attingere a piene mani dentro il ricordo ancestrale di uno stile impossibile da circoscrivere e al contempo immediatamente  riconoscibile, grazie soprattutto a Mark Ribot, abile nel tradurre in musica il delirio immaginifico di Tom, sfacciatamente avido nel regalarsi – “in questo giro” – l’ombra scura di Keith Richards, qui “fotocopiatosi” per fare il palo con i fiati di David Hidalgo.

Le canzoni sfilano in passerella illuminate a giorno: soul, atmosfere tex mex, echi post-punk; a tratti Waits si fa umile, dimostrando di conoscere la lezione impartitagli da Jon Spencer (Blues Explosion) e cita addirittura Nick Cave, epigono dichiarato. In tutto questo, c’è spazio anche per “lo stomping” a lui caro, evocato “qua e là”, nell’arco delle tredici canzoni.

A corredo, c’è anche la voglia di raccontarsi; le liriche svelano dettagliatamente il personaggio (e non la persona). Così, l’immaginario diviene realtà: “Sei la punta della lancia, il chiodo della croce, la mosca nella mia birra, la chiave che ho perso – e ancora – Io sono il cappello sul letto, il sangue sul pavimento, sono la nave che non vuol saperne di affondare e tu sei cattivo come lo sono io, dici che non va bene ma per me basta, eccome”. Così canta in Bad As Me, primo singolo estratto.

A questo punto prendano coraggio coloro che della poetica di Waits ne hanno fatto uno stile di vita; non abbiate paura, la polvere che consuma l’attesa è reale, almeno quanto il libro di Bukowsky nella tasca sinistra della vostra giacca. Non avete immaginato nulla, è tutto vero; lo sono anche “le sbronze vigliacche”, consumatesi al bancone di un bar alle prime luci del mattino.

Il ghigno mefistofelico che irretisce con la sua voce sta per tornare. Non abbiate paura, lasciatevi trasportare – ancora una volta – dentro i territori sconfinati dell’inquietudine. In fondo, Waits ha ragione, siete cattivi, almeno quanto lui.

9 canzoni 9 … Cattive Come Me

Lato A
Red Right End • Nick Cave
Pesnja O Sentimental’Nom Boksere • Vladimir Vysotsky
Tanco del Murazzo • Vinicio Capossela
Toronto • Jean-François Lessard

Lato B
Whistlin’ Past The Graveyard • Tom Waits
Sixteen Tons • Tennesee Ernie Ford
One Bourbon One Scotch One Beer • George Thorogood
Wong Dang Doodle • Howlin’ Wolf
Train Kept A Rollin’ • Johnny Burnette

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