Mohamed Zaree, direttore dell’ufficio cairota del Cairo institute for Human rights Studies – che dal 2014 è stato costretto a trasferire la sua sede principale a Tunisi – comparirà di fronte a un giudice mercoledì 24 maggio.

Zaree è uno degli avvocati del team di difesa delle organizzazioni non governative egiziane (Ong) sotto inchiesta dal 2011 (l’ormai noto caso n. 173) per aver ricevuto finanziamenti dall’estero.

Tra i candidati al prestigioso premio Martin Ennals per i difensori dei diritti umani, Zaree è accusato di aver redatto falsi rapporti sulla situazione dei diritti umani in Egitto in cui accusava il sistema giudiziario di essere politicizzato e di aver inviato questa documentazione al Parlamento europeo e ai paesi donatori perché esercitassero pressioni sul governo del Cairo.

Il caso n. 173 ha fin qui determinato: 18 divieti di viaggiare all’estero per altrettanti attivisti per i diritti umani, tra cui lo stesso Zaree; la chiusura del Centro El Nadeem, la principale Ong per le vittime della tortura e della violenza di genere; il congelamento dei conti bancari di molte Ong; una serie di incriminazioni per reati contro la sicurezza per i quali è previsto l’ergastolo (pena che in Egitto è sempre commutata in 25 anni di carcere); l’approvazione di una nuova legge sulle Ong; una campagna diffamatoria di stampa contro attiviste per i diritti delle donne, accusate di “diffondere idee irresponsabili sulla liberazione delle donne”; e, alla fine dello scorso anno, l’arresto di Azza Soliman, fondatrice del Centro di assistenza legale alle donne, ora a piede libero in attesa di processo. Rischia fino a 15 anni per aver denunciato che in Egitto lo stupro è una pratica più che quotidiana.

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