“Per la prima volta in Italia le persone con Atrofia muscolare spinale (Sma) di tipo 1 hanno iniziato la somministrazione di un farmaco innovativo che può fermare l’aggravarsi della loro malattia neuromuscolare, trasformando l’entità dei sintomi “. A dirlo è il professor Eugenio Mercuri dell’Università Cattolica di Roma e coordinatore del programma, oltre che uno dei massimi studiosi di questa patologia che è la più diffusa causa genetica di morte infantile. Al momento i pazienti che hanno già ricevuto il farmaco, Nusinersen, sono in tutto 52 e il trattamento, secondo il piano scientifico annunciato il 16 settembre scorso, ne coinvolgerà fino a duecento, soprattutto neonati e bambiniCinque sono gli ospedali che erogano la terapia: le tre sedi del Centro Clinico Nemo (a Milano, Roma e Messina), l’Ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma e l’Istituto Gaslini di Genova.

Ad oggi, ogni genitore a cui viene comunicata una diagnosi di Sma 1 può così essere contemporaneamente informato dell’immediata possibilità di una terapia e ottenere l’accesso prioritario alla somministrazione. “È importante sottolineare che i centri coinvolti nel progetto sono contraddistinti da un livello di competenza clinica molto elevato, che hanno raggiunto gli elevatissimi standard di organizzazione, preparazione e sicurezza che sono richiesti per le somministrazioni”, spiega Alberto Fontana, presidente dei Centri Clinici Nemo e anche lui affetto da Atrofia muscolare spinale. “Siamo molto orgogliosi del fatto che tre centri erogatori del trattamento su cinque siano sedi del Nemo: è un segno del livello di qualità che abbiamo raggiunto nel seguire i nostri pazienti e nello sviluppare la ricerca clinica. Complessivamente sono 70 su 116 i pazienti che al momento prevediamo di seguire in questa terapia e di questi già 31 hanno iniziato il loro percorso”.

Il trattamento è una novità assoluta per l’Italia. Ad oggi coinvolti 52 pazienti, soprattutto neonati e bambini

Questo progetto è un Extended Access Program, cioè un’iniziativa con cui il produttore del farmaco, la società americana Biogen, distribuisce gratuitamente in alcuni Paesi del mondo il trattamento, recentemente approvato dalla Food&Drug Administration degli Stati Uniti, l’organo del governo americano per il controllo della sicurezza dei farmaci. Il trattamento con il farmaco prevede tre infusioni a distanza di circa due settimane l’una dall’altra per poi diradarle nel prosieguo della terapia. Ma come agisce il nuovo farmaco? Va premesso che nella Sma, a causa di una mutazione del gene SMN1, si ha una carente o assente produzione di proteina SMN, responsabile della sopravvivenza dei motoneuroni. Per tale ragione nei malati queste cellule muoiono rapidamente e i muscoli cessano di funzionare, portando alla morte. Tuttavia, nel genoma umano è presente un gene quasi identico, chiamato SMN2, che differisce dal SMN1 in maniera minima e che produce la stessa proteina, anche se in quantità inferiore e caratterizzata da una vita molto più breve.

Per gestire nella maniera più corretta l’accesso al trattamento è stato istituito un comitato che coinvolge le organizzazioni dei pazienti e i centri clinici

Per Mercuri, direttore scientifico del Centro Clinico Nemo di Roma: “Il farmaco sopperisce al malfunzionamento del gene SMN1, che è normalmente responsabile della produzione della proteina SMN. Nusinersen agisce sul gene SMN2 e ‘potenzia’ un meccanismo chiamato splicing che permette di produrre una maggiore quantità di proteina SMN. Una maggiore produzione di proteina con questo meccanismo alternativo è stata associata negli studi appena completati con una stabilizzazione della malattia e in alcuni casi con un miglioramento”. Luca Binetti, uno dei consiglieri di Famiglie SMA, associazione che ha sostenuto il progetto e che grazie alla campagna nazionale con Checco Zalone come testimonial (video), è riuscita a entrare nelle case di milioni di persone, sottolinea che “per gestire nella maniera più corretta l’accesso al trattamento è stato istituito un comitato che coinvolge le organizzazioni dei pazienti e i centri clinici. Questo organismo – ha aggiunto il responsabile operativo del Comitato Extended Access Program  è stato molto efficiente: ha svolto un lavoro di informazione capillare dei pazienti per fare in modo che tutti coloro che avessero le caratteristiche per accedervi ne fossero informati. E’ stata poi stilata una graduatoria nazionale dei pazienti sulla base dell’età e della somiglianza con i casi trattati nelle sperimentazioni cliniche”.

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