Stop alle insegne “Nutella Bar” in Iran, che dovranno essere sostituite dalle traduzioni di “pane caldo” o “cioccolata calda”. Teheran, in base a una legge in vigore da oltre vent’anni che vieta ai negozi di esporre scritte che non siano in farsi, prende di mira i punti vendita delle ‘crepes’ al cioccolato, perché hanno un “nome straniero”. A segnalare la violazione alla polizia è stato Gholam-Ali Haddad-Adel, presidente dell’Accademia della lingua e della letteratura iraniana e politico ultraconservatore già presidente del Parlamento e candidato alle presidenziali del 2013, vinte da Hassan Rohani.

La normativa citata da Gholam-Ali Haddad-Adel, però, non sempre viene rispettata: infatti, nelle strade di Teheran e in altre città del Paese sono tante le scritte in caratteri latini e con nomi stranieri, perlopiù di grandi marchi – ad esempio Apple, Ikea, Armani e Liu-Jo. La scelta dell’Accademia è però caduta sui tanti Nutella Bar che negli ultimi anni hanno aperto nel Paese sia la crema italiana di cacao sia un prodotto analogo importato dalla Turchia, uno dei maggiori produttori di nocciole.

L’Iran ha storicamente sempre temuto le contaminazioni di altre lingue straniere, a cominciare da quelle giunte con gli arabi – gli invasori del VII secolo, che portarono l’islam nella patria del zoroastrismo e che imposero anche il loro alfabeto. Ma a temere le influenze occidentali era stato anche lo Shah Reza Pahlavi, che aveva imposto la sostituzione delle parole occidentali con quelle persiane. Operazione riuscita solo in parte, se è vero che tuttora si usa la parola francese ‘merci’ (benché senza accento finale) al posto di ‘grazie’.

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