Si materializzano nella notte, quando entrano nei boschi e nei campi per versare sostanze diserbanti sulle radici degli alberi, bruciandoli ed uccidendoli. Oppure utilizzano un trapano per iniettare direttamente dentro i tronchi liquidi tossici, che si espandono lentamente fino alle foglie. Il risultato è micidiale: alberi ancora giovani che si spaccano dal di dentro, disseccandosi, carrubi e ulivi secolari che si svuotano, si anneriscono e perdono le foglie. È una vera e propria strage di alberi quella che sta andando in onda in provincia di Ragusa: un attacco sistematico che si estende per 400 ettari nelle campagne intorno a Modica e Pozzallo.

Le ronde degli avvelenatori – E questa volta non c’entrano i virus o i parassiti: a massacrare gli ulivi e i carrubi del Ragusano infatti sono dei veri e propri blitz, ronde notturne di “squadrette di avvelenatori” che s’inseriscono nottetempo negli appezzamenti di terreno privati per devastare gli alberi con diserbanti e sostanze tossiche. “È una storia che va avanti da più di un anno ormai”, racconta l’agronomo Corrado Rizzone, proprietario di alcuni degli appezzamenti di terreno finiti sotto attacco. “Le ronde vanno in onda di notte, quando nei terreni non c’è nessuno: per mesi ho poi trovato pezzi di alberi spaccati direttamente alla base lasciati sul terreno, mentre tutti gli altri venivano sistematicamente avvelenati“, continua Rizzone che ha sporto una serie di denunce contro ignoti al commissariato di Polizia di Modica. “Nei mesi gli attacchi si sono intensificati creando un danno enorme, non solo per la mancata produzione di carrube e olive, ma anche perché parte della zona ricade sotto il vincolo paesaggistico. Qual è l’obiettivo? Radere al suolo tutti gli alberi della zona?”, dice l’agronomo che a sostegno dei suoi esposti ha anche depositato agli atti degli investigatori una perizia di parte, firmata dal biologo Daniele Tedeschi.

La perizia: “C’è traccia di diserbanti e arbusticidi” – Una relazione che fotografa nel dettaglio la strage di alberi nel ragusano. “Molte delle piante osservate – scrive il biologo – presentavano sofferenza parziale al tessuto fogliare ed alla corteccia. Alcune in particolare si presentavano in condizioni generali pessime: carrubi e ulivi. Altre piante presentavano sofferenza parziale: presenza di improvvisi quanto evidenti segni di degenerazione fogliaria a macchia di leopardo, delle gemmature, dei germogli e degli stessi frutti, oltre che dei vegetali non fruttificanti ed in particolar modo si notavano tronchi svuotati o disseccati e tra questi, cosa assolutamente anomala, anche giovani tronchi. Era evidente la presenza di tracce sospette di segni di tossicosi“. Tedeschi sottolinea che gli alberi di Rizzone sono sempre stati curati : “Ribadendo che è stata notata una corretta gestione delle piante e della loro crescita – scrive – appare alquanto anomala la presenza di elementi riconducibili all’uso di prodotti quali diserbantiarbusticidi o altro ad oggi non ancora identificati, a macchia di leopardo, senza una verifica della stretta e legale necessità”.

“No parassiti, traccia di mano umana” – Per il biologo, poi, è chiaro che il massacro di ulivi e carrubi non sia da addebitare ad un parassita.  “È stata esclusa – mette sempre nero su bianco nella sua perizia – una ipotesi parassitaria dato che la tossicosi e la degenerazione fogliaria si trovano di fatto a macchia di leopardo, per quanto estesa e in continua progressione e contemporanea anche a fatti criminosi, all’interno dell’appezzamento di terreno nonché a macchia di leopardo (random) sulla pianta eventualmente colpita. In ciascuna pianta colpita sono evidenti i segni dell’avvelenamento, sono presenti fori sulle cortecce che non appaiono di natura biologica (parassiti) ma artefatti da attrezzatura presumibilmente edile, trapano et similia“.

L’indagine per tentata estorsione – Ma chi è quindi che sta avvelenando centinaia di ulivi e carrubi secolari? A chi interessa massacrare ettari di boschi e campi con blitz notturni e periodici? Una domanda che si pongono gli investigatori del commissariato di Modica, diretti dal vice questore Maria Antonietta Malandrino: sulla vicenda infatti è in corso un’indagine contro ignoti per danneggiamento e tentata estorsione. L’ipotesi, infatti, è che le ronde degli avvelenatori di alberi abbiano un obiettivo: convincere i proprietari a sloggiare, a lasciare i terreni, a venderli per pochi euro. Una pista investigativa ancora in fase di elaborazione dato che ai proprietari dei terreni colpiti non è mai arrivata una proposta di acquisto dopo l’attacco a colpi di diserbanti degli alberi. È un fatto, però, che sulla Sicilia orientale si sia proiettata ultimamente l’ombra sinistra della cosiddetta “mafia dei pascoli“.

L’ombra della “mafia dei Pascoli” – Da tempo, infatti, clan importanti come i Santapaola, i Bontempo Scavo e perfino i Riina erano riusciti a farsi assegnare dalla Regione Siciliana centinaia di ettari di boschi senza che nessuno avesse mai osato opporsi. Un affare milionario dato che quei terreni hanno fruttato nel frattempo circa due milioni e mezzo di euro di fondi europei all’anno. Un meccanismo criminale perfetto, frutto della comunione tra la natura agricola dell’arcaica Cosa nostra e i modernissimi progetti made in Bruxelles che hanno arricchito gli imprenditori vicini alle cosche. Un affare milionario e sicuro, che ad un certo punto Giuseppe Antoci ha deciso d’interrompere.

Il presidente del parco dei Nebrodi, infatti, è l’ideatore di un protocollo di legalità firmato dal prefetto di Messina, Stefano Trotta, che obbliga i concessionari dei terreni demaniali a presentare il certificato antimafia: richiesta che fino al febbraio scorso nessuno aveva mai fatto, soprattutto per i terreni che valgono meno di 150mila euro. Risultato? Un agguato a colpi di fucile – per fortuna senza vittime – all’auto che la notte tra il 17 e 18 maggio scorso, trasportava Antoci da San Fratello e Cesarò, due comuni in provincia di Messina. È questo quello che sta avvenendo nel Ragusano? I clan locali hanno davvero messo gli occhi sui terreni tra Modica e Pozzallo, ed è avvelenando gli alberi che sperano di costringere i legittimi proprietari ad allontanarsi? O i continui blitz sono da ricondurre ad altro? Interrogativi ai quali proveranno a rispondere gli investigatori iblei. Nel frattempo, da più di un anno, nella Sicilia sud orientale la strage di ulivi secolari non si ferma.

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